Ciao Veronica,
sono mesi che leggo il tuo blog, mi tengo informata sulle tue “battaglie”, e soprattutto sono mesi che cerco di lasciare anche la mia di traccia nel doloroso mondo dell’endometriosi, ma poi puntualmente mi blocco e non scrivo nulla. Il che mi stupisce parecchio, dato che nella corso della mia vita ho sempre avuto quello che chiamo “il mio diario di bordo”, che ho riempito davvero di tutto: pensieri, incazzature, dolori, gioie, rabbia, disegni e chi + ne ha + ne metta.
Da quando sono mio malgrado stata catapultata nel popoloso mondo dell’endometriosi, scrivere mi fa male…invece di avere una funziona catartica (ricordo sempre quando al liceo ho scoperto questo concetto; anche io come i grandi poeti greci purificavo me stessa tramite la scrittura, senza saperlo), scrivere anche solo 2 righe di pensieri banali mi lacera dentro nel profondo. Sarà che l’endo sviluppa un senso di autolesionismo, ma io continuo, mi ostino a mettere tutto nero su bianco, continuo a piangere rileggendo e poi strappando le pagine, ma sento di doverlo fare…sento che un giorno rileggendo quello che ho scritto e probabilmente scriverò in questi anni, riuscirò ad abbozzare un sorriso, ad essere serena, ad accettare quello che il caso ci fa accadere nella vita.
L’accettazione della malattia cronica è il mio problema. E’ la cosa + dura con cui mi sono confrontata (e scontrata) nella mia vita. Sono una tipa tosta, Veronica, davvero. Ho sopportato tanto dolore fisico e psicologico con la testa dura che mi contraddistingue, ho cercato di nutrire seme della speranza, mi sono rimessa in piedi e sono pronta a combattere, ma non sono pronta ad accettare che la mia lotta debba essere perenne.
Ho scoperto di avere l’endo assolutamente per caso 2 anni fa, a 25 anni. Mi ero trasferita per lavoro a Milano e iniziavo fare quello che mi appassiona, a vivere una bellissima storia con il mio attuale ragazzo, e a sentirmi davvero indipendente, realizzata a tratti felice.
In verità col senno di poi, purtroppo inutile, ho vissuto l’endo molto prima; ho avuto il ciclo a 10 anni, dolori lancinanti, vomito, antidolorifici inutili, a letto il primo giorno di ogni ciclo, svenimenti. Insomma non mi sono fatta mancare nulla, ma non posso dire di aver vissuto la cosa male…mia madre aveva sofferto degli stessi dolori lancinanti che ha superato del tutto dopo il parto, e ho accettato la cosa, come un evento normale. Del resto le ecografie esterne fatte da adolescente dicevano ben poco…non ho colpe da assegnare a nessuno. L’endometriosi è certamente un problema culturale, prima che una malattia. E’ legato al concetto ancestrale della tacita accetazione della sofferenza femminile…mi ripeto è un malattia che fonda le sue radici nella sopportazione fisica e psicologica che si trasforma in un autolesionismo, che credo solo noi donne siamo capaci di sopportate.
Continuo nel mio racconto…a 18 anni ho preso la pillola e il tutto è rientrato. Ho condotto e tutt’oggi conduco una vita normalissima, sport, studio, vacanze, sesso…tutto apparentemente normale.
Non ho dolori, fastidi, disturbi di nessun genere. Sono felice per questo, perché per la persona che sono, le malattie peggiori sono quelle che vincolano il tuo modo di vivere, che ti limitano nel quotidiano. La mia endo è certamente cattiva, ma molto silenziosa, rispettosa del mio stile di vita. Il che mi sembra essere già una grande fortuna, leggendo le testimonianze molto amare delle mostre compagne di sventura, o meglio diciamo avventura…le cose non sono mai del tutto negative, no?
Ho subito due interventi in 11 mesi, con la perdita dell’ovaio sx, letteralmente “mangiato dell’endo” (almeno così mi hanno detto), decapeptyl, pillola, ecografie, pap test e quant’altro in così poco tempo.
Ho tante immagini, sensazioni, percezioni confuse nella mia testa. Eppure è tutto così lucido, così chiaro. Tutti i miei pensieri legati all’endo sono riposti nell’angolino più nascosto della mia memoria…a volte ritornano impetuosi, ma io li tengo sotto controllo…fanno molto male, devono stare buoni al loro posto e tornare a galla il meno possibile. Voglio che quel vaso di pandora doloroso resti sigillato il + possibile. A volte qualcosina scappa a fa molto male, ma dura poco. Poi torna al suo posto.
La routine dei controlli, le analisi, le cicatrici sono pensieri ricorrenti, li vivo nel quotidiano ma li tengo sempre “a distanza”; ci penso e dopo un minuto mi trovo a ridere davanti alla tv, o a baciare il mio ragazzo. Corrono veloci come treni sulle rotaie molto intricate dei miei pensieri.
Non passa giorno che io non pensi alla malattia, al ciclo, al prossimo possibile intervento, eppure solo pochissimi intimi sanno della malattia…pochissimi sfoghi. Al mio ragazzo ho sempre detto tutto, perché trovo giusto che lui sappia tutto il possibile. Deve scegliere se stare con me anche alla luce delle possibili implicazioni della malattia. Lui è meraviglioso, è il mio futuro…mi completa, e sono così vicina a lui, proprio sulla base della consapevolezza di entrambi della malattia, e del nostro sentimento che in questi anni l’ha affrontata, diventando sempre + forte, + solido, proiettato verso il futuro.
Insomma, non prendo farmaci particolari, non sono depressa, so che potrei non avere figli, ma non ci penso + di tanto, quando qualcuno vuole parlare della cosa glisso, e soprattutto sono allegra…quasi sempre, pur soffrendo così intensamente che non riesco neanche a spiegarlo, anche se so che ne hai una vaga idea anche tu..
La verità e che mi sto anestetizzando…la mia mente sa tutto, si informa, cerca di capire tutto il possibile, le cause, le implicazioni, le conseguenza, ma non so neanche io in che modo, non so con quali sostanze, vive la cosa come fosse lontana, distante, come se non mi appartenesse.
Riempio la mia vita fino al bordo: lavoro, amore, sport, viaggi, amicizie…forse riempio per non pensare, per restare fredda. Di fronte alla mia malattia sono fredda. Vorrei annientarla, ma so che non ci saranno miracoli. So che nella migliore delle ipotesi la mia vita sarà una serie di cure palliative, di interventi per salvare il salvabile, e so anche con un solo ovaio, peraltro parziale, la situazione figli si complica, ma non vorrei avere un figlio ora solo per “bloccare” la malattia. Sarebbe un atto egoista…i figli si fanno perché ci si sente pronti ad amare visceralmente, non per altri motivi. Io amo dal profondo la vita, il mio ragazzo e vedo il mio futuro con lui, vedo anche una famiglia tra pochi anni, e spero che il tutto accada perché l’abbiamo scelto, perché è il nostro sogno. L’endo può farmi soffrire, angosciarmi, essere così forte da anestetizzare anche il dolore, ma non può cambiare la mia vita in modo così radicale. Io devo scegliere, devo vivere come se non avessi l’endo….devo farlo per rispetto nei confronti di me stessa. Anche per coloro che non possono scegliere.
A tutte voi, me compresa dico questo: prima di accettare la malattia, dobbiamo fare a pugni con lei, dobbiamo combattere non la sua presenza, ma la sua capacità di modificare noi stesse e le nostre vite. Siamo malate di un male oscuro, incurabile, debilitante, ma non mortale. Dobbiamo convivere con questa idea…è dura davvero, ma dobbiamo farlo nel migliore dei modi, non guardando la vita da lontano, ma buttandoci a capofitto dentro. Siamo malate ma vive…non rinunciamo ai nostri sogni, non rinunciamo a cogliere l’essenza della vita. Al momento è l’unico modo che conosco per “sconfiggere” l’endometriosi. Spero sia d’aiuto a qualcuno.
Vi abbraccio tutte.
Grazie di cuore Veronica!
Syd
p.s: il mio ragazzo ha comprato il tuo libro e me l’ha regalato. Mi sono fermata alla tua bellissima dedica in prima pagina, e alla prefazione. Prometto che lo leggerò, come sono sempre con i libri, avida, bramosa di sapere la fine, pur sapendo che in questo caso non esiste una fine. Mi farò un altro po’ di male, ma credo che il tuo “cercare qualcosa di buono dalle esperienze negative” meriti la mia lettura, e molto altro ancora.
Quindi cara Syd tu avresti 27 anni?
Sai leggere molto bene dentro di te … e sai mettere ogni pensiero al suo posto. Ti faccio i miei complimenti … per come sei oggi, puoi essere certa che saprai affrontare la vita nel migliore dei modi.
Mi ha fatto molto piacere leggere la tua testimonianza, sono sicura che porterà un po’ di serenità in chi leggerà.
Ti auguro ogni bene.
Vero
Ps ho evidenziato qualche tua riga che hai espresso molto bene. Credo tu abbia ragione. L’endometriosi è una malattia culturale. Sono i luoghi comuni che ci penalizzano.
Ciao Veronica,
Sono trascorsi 5 anni da quando ho condiviso la mia storia con te e le ragazze del blog e credo sia giusto aggiornarvi su quanto di buono e bello sia successo in questi anni.
Per prima cosa mi sono rivolta ad un medico specializzato in endometriosi, che con una terapia adeguata e’ riuscito ad risparmiarmi ulterori interventi chirurgici….il che non e’poco oer chi come va aveva gia’subito l’asportazione di un’ovaia.
Nel mentre mi sono sposata, ho viaggiato e lavorato tanto, ho assistito mio padre malato terminale….insomma tra gioie e dolori ho vissuto….senza risparmiarmi niente.
L’endo da un pensiero fisso e tormentato, e’diventata pian piano una parte della mia vita. Sono riuscita nell’impresa impossibile di cui ti scrivevo 7 anni fa: ho accettato la malattia.Ho deciso di essere felice con o senza endo.
E proprio durante un periodo nerissimo (la malattia di mio padre), con mio marito abbiamo deciso di provare a fare un bambino. E’stata una scelta molto serena…sapevamo che probabilmente avremmo avuto problemi, e che forse i figli non sarebbero arrivati, ma abbiamo deciso di affrontare questa sfida con la massima tranquillita’, senza vivere la cosa come un’ossessione.
Dopo 6 mesi sono rimasta incinta naturalmente e oggi sono una neomamma felice. Non mi dilungo sulla bellezza e l’intensita’di questi mesi. La gravidanza e anche il parto sono state esperienze splendide, caratterizzate da una energia di una potenza che non avevo mai provato. Che dire….mi sento molto fortunata e grata.
Concludo il mio post con qualche considerazione….
Credo fermamente che il dolore, la rabbia e la sofferenza di questi anni mi hanno consentito di essere la persona che sono oggi. Una persona migliore rispetto a 7 anni fa, una persona che lotta e che affonta a viso aperto qualsiasi esperienza la vita abbia in serbo per lei.
La mia storia ha un lieto fine e spero possa dare speranza a qualcuna di voi. Ragazze, continuate a lottare contro la malattia e a inseguire i vostri sogni….forse a dispetto di tutto e di tutti si realizzeranno! Ve lo auguro di cuore!
Un grosso abbraccio,
Syd