L’endometriosi è come un serpente, un piccolo serpente che tengo stretto alla base della testa.
Si divincola sempre di più.
Più lo stringo e più gli impedisco di mordere, ferire, uccidere.
Questo è il sogno di questa notte dopo aver finito di leggere il tuo libro “condividendo”.
Sono Paolo, il papà di Ilaria che fa parte delle tre milioni di donne affette da endometriosi.
Anche per lei è stato ed è un calvario.
Quando le hanno diagnosticato la malattia, e poi operata per la prima volta, era ormai tardi.
Era al IV stadio.
L’endometriosi aveva compromesso parte degli organi riproduttivi che altri organi.
Ci siamo affidati ad un centro di Avellino nel quale sapevamo che operava un medico specializzato in laparscopia e nella malattia.
E poi ancora dolori e a distanza di poco tempo un nuovo intervento sempre ad Avellino.
L’unico rimedio era quello di rimanere incinta. Ha fatto quattro tentativi di fecondazione in Spagna a causa della nostra “bellissima” Legge 40 ma senza esiti positivi.
Fino ad arrivare all’inizio dello scorso anno quando il ginecologo di fiducia vede che qualcosa non va e le comunica che deve fare un nuovo intervento e le consiglia di andare a Verona. Per l’esattezza in un centro specializzato: a N***.
Dopo tanti, lunghi e dolorosi esami ed indagini viene definito e deciso l’intervento per il mese di agosto.
Prima di partire Ilaria ci ha comunicato tutta la sua paura e, consapevole dei tanti rischi a cui andava incontro, ci ha parlato come chi vuole fare un “testamnto” verbale.
E’ stato un colpo.
Ci siamo trasferiti tutti a N****: Diego (il marito), il fratello Fede (Federico) mia moglie ed io.
L’intervento è stato più serio del previsto e molto complesso. Sono intervenuti il ginecologo, il chiururgo di medicina generale e l’urologo.
Hanno dovuto fare una doppia resezione intestinale con l’applicazione di una stomia.
Poi la terapia intensiva.
Superata quest’ultima e riportata in una stanza inizia il calvario della stomia.
Nel reparto il 90% delle donne ricoverate era affetta da endometriosi.
Deve imparare a medicarsi da sola per quando ritorneremo a casa.
Fede e la madre passano il tempo in ospedale l’uno con un naso di plastica rosso e l’altra applicando smile in ogni angolo.
Volevano aiutarla facendola sorridere e comunicarle tutto il loro amore.
Ilaria reagisce talmente bene che anche i medici rimangono stupiti.
Al termine di ogni visita, quando usciamo, ci dedichiamo anche a Diego. E’ silenzioso e sappiamo che soffre.
E nel frattempo Ila cosa fa?
L’indomani ci raccontano che ogni sera si riuniscono in gruppo e, ciascuna con i vari tubi e flebo, vanno a spasso per la corsia a trovare altre ricoverate che debbono affrontare ancora un intervento.
A volte fanno anche la “corsa” per i corridoi!!!
A volte fanno la sfilata di moda per premiare il pigiama più bello!!
Ila ha sempre il naso di plastica rosso, è il simbolo della continua presenza e vicinanza del fratello.
Un giorno Ila e Fede pretendono che mia moglie ed io dobbiamo ritornare un giorno sul Lago di Garda (a pochi kilometri di distanza). Dobbiamo tornare a Torbole dove abbiamo fatto il nostro viaggio di nozze.
Fede si prendere cura della sorella per l’intero giorno.
Sono due figli unici, splendidi, sono i nostri figli.
Si torna a casa ed è una estate terribile fino alla rimozione della stomia.
Poi successive visite di controllo ma la diagnosi è: perdita del 90% della funzionalità della vescica e della defecazione.
Altri controlli: le consigliano di applicare un neuro modulatore sacrale.
Ormai è subentrato anche un crollo psicologico. Ila non ce la fa più a rientrare in ospedale.
Decide, d’accordo con l’urologo, di tentare una ginnastica rieducativi pelvica.
Le viene consigliato un ospedale di Roma specializzato in questi trattamenti.
Alla prima visita le viene detto che il suo caso è disperato ma vogliono tentare lo stesso.
Anche questo non dà nessun risultato, anzi peggiora la situazione.
Troviamo poi uno specialista proctologo, che dopo ennesime indagini ed esami, le suggerisce una terapia riabilitativa pelvica insieme ad una fisioterapista ed una psicologa.
Inizia una nuova avventura e al momento sembra dare qualche risultato positivo.
Siamo molto fiduciosi, altrimenti cosa potremmo fare?
E’ una storia come tante altre ma anche questa piena di sofferenza, di dolori di ingiustizie: e tanta, tantissima rabbia.
Solo il carattere, la determinazione e la volontà di Ilaria hanno permesso a noi familiari di poterla aiutare un pochino.
In modo particolare a mia moglie, SUA MADRE che ha assorbito tutta la sua rabbia nelle chiacchierate o nelle interminabili telefonate. Di fronte alla figlia ha dimostrato e dato sempre coraggio, aiuto, comprensione e positività.
Ma poi anche lei ha i suoi “crolli” a cui solo io potevo assistere.
Ilaria ci ha voluto relegare questo tuo libro con questa dedica:
“A voi che siete la mia
forza e il mio coraggio,
A voi che siete la mia leggerezza,
A voi…..che vi
amo così tanto,
A voi…..perchè condividere è la cosa più bella che ci possa essere.
Con Amore ILA ”
In famiglia abbiamo già tutti letto il Canto XXXV – L’ inferno.
Mia moglie in questo momento non ha la forza di leggere questo tuo ultimo libro: ha paura di “crollare” e quindi di non essere più di aiuto a sua figlia.
Io ho cercato di rimanere sempre “lucido” come dice Stefano per la sua “endometriosi”. Lo capisco e lo condivido: ma è proprio dura!
Attraverso la testimonianza di Stefano mi rendo sempre più conto della sofferenza del marito.
Diego è diventato il nostro terzo figlio adottivo.
Pochi giorni fa ho accompagnato Ilaria e suo marito Diego alla stazione per un piccolo viaggio e prima di partire l’ho abbracciata e le ho detto “ho quasi finito di leggere il libro che ci hai regalato: è’ bellissimo!”
Ilaria mi ha detto “no papà non è bello è UTILE”
E’ vero, è proprio di tanto aiuto per superare questi e tanti momenti difficili nel percorso di un vita con l’endometriosi.
Paolo
Mi permetto di darti del tu, e mi permetto di manifestarti tutta la mia stima.
Mentre ti leggevo ho pensato al padre di Serena con la sua poesia per tutte noi … e ho pensato a mio padre che non ce l’ha fatta a ultimare Canto XXXV e ha appena sfogliato Condividendo.
La dedica di tua figlia è bellissima e mi ha commosso tanto.
Purtroppo è sempre dentro la sofferenza che ci accorgiamo di quanto importanti siano gli affetti. Ma pensando a tua figlia … sapendo che è circondata da una così bella famiglia, sono certa che trae la sua forza da tutti voi, che vi siete uniti intorno a lei con nasi rossi e condivisione.
Convinci tua moglie a leggere CondividEndo … personalmente lo ritengo un libro un po’ più soft del primo… sono meno arrabbiata … e traspare, spero, la mia accettazione e voglia di vivere il più serenamente possibile.
E’ un cerchio che si chiude per me, per la mia personale esperienza, ma sono certa, è un percorso che faremo, chi prima, chi dopo, tutte noi.
Dobbiamo solo cercare di non avere paura e di fare un passo dietro l’altro.
Per arrivare a questo però dobbiamo pretendere di conoscere, dobbiamo informarci, confrontarci.
Grazie Paolo per averci scritto … per averci fatto sentire il calore di un padre, perché in questo momento, in questa “avventura” è un po’ come se tu fossi un po’ papà di tutte noi.
Un abbraccio speciale per tua figlia, non so se ci siamo mai scritte ma mi farebbe sicuramente piacere conoscerla.
Vero
Grazie anche da parte mia per questa toccante testimonianza!!
Non mi ero mai soffermata su cosa pensasse mio padre. Anche lui mi ha accompagnata a Verona per una visita e in precedenza mi aveva accompagnata anche a Roma. Era al mio fianco durante i giorni dell’intervento anche se non lo volevano far entrare perchè uomo e doveva sbirciare in camera di nascosto.
Un grazie di cuore alla persona che più al mondo riesce a darmi sicurezze, il mio papà!!!