363) Storia di un’amica di Roma

La mia storia, comincia in una caldissima mattinata di fine giugno del 2008. Avvertivo dei forti dolori addominali, quasi come coliche. credevo dipendesse dalla presenza di un calcolo renale che so di avere al calice del rene destro, che giusto un anno prima mi aveva fatta penare. così, mentre facevo la spola tra il bagno ed il distributore d’acqua, facevo mente locale sul mio malessere, ricordando che già all’inizio di quell’anno avevo avuto violenti attacchi addominali. stringo i denti, completo il turno, e prendo il treno per Sapri. coi tempi biblici di roma, pensavo, rischiavo di restare tutto il giorno al pronto soccorso, mentre a Sapri era per me più semplice fare tutti gli esami di rito in breve tempo. detto fatto, appena giù dal treno scappo in ospedale per fare una ecografia e qui incontro una dottoressa molto disponibile e gentile, che mi fa una eco molto accurata. e che con estrema naturalezza, credendo che ne fossi già al corrente, mi dice che nel mio utero sono presenti dei fibromi, anche abbastanza grandi.

stupita, incredula, ripensavo al precedente controllo di due anni prima  -si, ok due anni sono tanti, ma a 30anni non la si pensa così-  nel quale non risultò nulla. nel frattempo osservo il volto della dottoressa farsi torvo, preoccupato. mi informa che ravvisa l’urgenza di interpellare subito un ginecologo, e così accade. il ginecologo mi parla di cisti endometriosiche, -due- piuttosto grandi, per cui esiste la necessità di operare d’urgenza causa eventuali rotture o strozzature della stessa. vengo messa in contatto con quello che sanno essere il migliore chirurgo per tale patologia, uno che ha un curriculum, che se potesse farlo, parlerebbe da solo…dott. M****. Dopo qualche giorno, e di fretta, mi viene fissato l’appuntamento. in quella sede e non prima, mi viene fatto un cenno sull’endometriosi, su cos’è, cosa causa, ma non mi spiegano di esserne affetta. mi parlano di operazioni chirurgiche, mi spiegano lcos’è la tecnica laparoscopica, ciò che andranno a fare, ma nient’altro, lo descrivono come un intervento di routine, ed io in trance completa, mi affido a loro. in quel momento non contemplo nessun’altra possibilità diversa visto il carattere urgente dell’intervento. vengo ricoverata ed operata alla clinica columus di roma il 14 luglio del 2008, non da M*****, ma dal suo braccio destro.  intervento che dura oltre tre ore. subisco l’asportazione di tre cisti, di cui una di quasi nove cm, la parziale asportazione dell’ovaio sx, la pulizia di numerosi focolai sino alla parte bassa dell’intestino, e la rimozione di alcune aderenze formatesi. il risveglio in sala operatoria , il decorso in ospedale, e la degenza a casa, si riveleranno non dei migliori.

a 15gg dall’intervento iniziano fortissime fitte e dolori addominali alla parte sx. cerco di contattare qualcuno allo studio del prof. M***, ma non trovo nessuno. brancolavo nel buio così come i medici di base contattati per un consulto. nessuno sembra conoscere questa malattia, nè le sue evoluzioni, sicchè i sintomi che palesavo vennero scambiati per probabili coliche addominali. faccio una cura di una settimana col buscopan, ma non miglioro…non riesco a camminare in posizione eretta, e vado in affanno dopo neanche dieci metri di cammino. spaventata, spaesata, cerco informazioni maggiori sul web, leggo le prime sconcertanti testimonianze, sperando in cuor mio, di non essere nessuna di quelle storie, cercando di convincermi che il mio, era solo un malessere passeggero. parlando con un amico, ho la prima esaustiva spiegazione alla mia patologia. mi viene spiegato che il mio dolore costante al fianco può essere sintomo di altra aderenza, o nella peggiore della ipotesi, presenza della malattia che si è insediata in un altro organo. vengo messa al corrente anche dei rischi che si corrono. dal colloquio ne esco spaventata, ma almeno informata e decisa a capire fino in fondo cosa non è andato bene durante l’intervento. attendo a questo punto, come il messia, il giorno della prma visita dopo l’intervento dal prof. M*****. avviene il 5 settembre. un’ora di anticamera, senza che lo stesso, una volta al suo cospetto, si scusasse per l’attesa, tra l’indifferenza della segretarie e delle tirocinanti che nel frattempo confezionavano risposte standard alle poverette di turno, che telefonavano allo studio, in cerca di una luce. è lì che per la prima volta, ho provato l’assoluta novitò del sentirsi miseri, nella condizione, nell’animo, nello spirito. sola, in una sala d’attesa, mentre attorno a me andava in scena quella pantomima.

ma ecco il mio turno. ripasso a mente tutte le domande che ho da fare. a molte delle quali il prof. non sa rispondere, ripete solo che è tutto normale, mi parla per la prima volta della mia malattia, mi informa che su 4 stadi io mi trovo al 3°, mi prescrive la pillola come cura, non mi visita, mi fa passare dalla cassa, e sono ‘100 euro, grazie!’. avvilita, col morale a terra, vago per roma per alcune ore. avevo bisogno di metabolizzare, di leccarmi le ferite. pensavo che io non riuscirei mai ad essere così supericiale col prossimo. ho provato tantissima rabbia, avrei voluto urlargli tutto il mio disgusto per l’incapacità dimostrata. reagii dopo qualche giorno, realizzando che non mi sarei dovuta fermare a M****, e che per me stessa, avrei dovuto cercare il meglio. rientro al lavoro, non perchè fisicamente stia meglio, ma per cercare di reagire psicologicamente. tentativo peraltro vano, i mesi che seguirono, furono carichi di dolori fisici e psicologici, carichi di tensioni e preoccupazioni. intanto attorno a me tanta solidarietà e condivisione della malattia, ma io, ahimè, sono una personcina che ama condividere poco, nel bene e nel male, perchè non amo trascinare chi voglio bene, nei miei tormenti.

tormentata. mi sono sentita spesso così. tormentata da una malattia subdola, che mentre tu dormi, lei lavora, che mentre tu sorridi, ti manda segnali che lei esiste è dentro di te, e sta cercando la maniera di proliferare, come un parassita. si nutre di te e ti toglie giorno dopo giorno aria, voglia, sogni e vita.

vinta. mi sono sentita spesso anche così. nelle intenzioni, e nell’intelletto.

e sola. tremendamente sola, anche se attorno mi veniva regalato tanto amore.

e poi le frasi di circostanza, la superficialità dei più, quasi a definire il mio problema un semplice ‘mal di pancia’. l’ignoranza offende davvero. almeno me.

contatto il dott. M**** del negrar. 250 euro per farmi dire che ho una placca tra il tratto terminale del retto e dell’utero, che mi causa l’infiammazione del legamento utero-sacrale, che probabilmente la mia malattia ha profondamente minato la qualità della mia vita. mi prescrive degli altri fastidiosissimi esami. clisma opaco e quant’altro, ma almeno il responso sembra essere confortante perchè pare che il mio intestino è salvo. respiro fiduciosa. mi  viene chiesto se ho in programma di avere un figlio, altrimenti la mia cura sarà la pillola anticoncezionale vita natural durante, fino a termine ciclo, senza osservare nessuna pausa, come se mangiassi una mentina tutti i giorni alla stessa ora. mi affida alle cure del dott. R**** in roma e mi congeda dicendomi di tronare da lui solo se riterrò opportuno farmi operare per migliorare la qualità della mia vita, senza però avere la certezza di chiudere definitivamente con la malattia. ritorno a roma, faccio conoscenza col mio futuro ginecologo che mi prescrive la pillola, al cui adattamento impiegherò 4 mesi. 

i giorni correnti, sono stati un concentarto di umori e rumori. la mia ultima visita di controllo ha decretato la necessità di ripetere l’intervento, sarà ancora più invasivo perchè dovrà avere la finalità di pulizia dell’utero dalla presenza della malattia, e rimozione della placca con possibilità di praticarmi in tale sede, il tanto temuto sacchetto; fare un’ennesima cura, e sottopormi a nuovo intervento dopo alcuni mesi, per separare bene i miei organi che nel frattempo si sono ben appiccicati, ho l’intestino attaccato all’utero.

non credo che la mia esperienza sia peggiore di altre, è ‘solo’ la mia esperienza e per tale me la vivo, nel senso che per me questa è la mia personale tragedia. prima della malattia praticavo sport, ho speso una vita per lo sport, a livello amatoriale ed agonistico. adesso non riesco nemmeno a fare una passeggiata senza andare in affanno, provo con tenacia ad andare oltre le mie colonne d’ercole, provando a forzare facendo una corsetta, a volte riesco, altre alzo bandiera bianca dal dolore dopo poche centinaia di metri. vivo momenti di stitichezza assoluta a cui alterno momenti di prolificità intestinale…a volte l’infiammazione al legamento utero sacrale è tale da impedirmi di stare seduta, trovo un pò di sollievo soltanto sdraiata. la stanchezza, il senso di spossatezza la fanno da padrone, la penetrazione è quasi sempre dolorosa e se penso che questa sarà la mia vita che verrà, provo amarezza e quel senso del misero perchè misera è la condizione, rifà capolino. le mie visite dal ginecologo durano quasi un’ora, dove tra normali ispezioni vaginali e quelle rettali trovo il tempo, con lucidità, di pensare che non ne posso proprio più che  vorrei un giorno svegliarmi e sorridere, perchè non provo più dolore e perchè non mi sanguina più l’anima, perchè stavolta il mio sogno non morirà all’alba, e questa volta, svegliandomi potrò piangere di gioia perchè sarà stato solo un brutto incubo.

non ho scritto prima perchè il tempo mi è servito per metabolizzare, perchè non riuscivo nemmeno a leggere di altre esperienze senza sentirmi male. ora ho maturato una grande decisione. ad ottobre volo a barcellona per il mio primo tentativo di inseminazione. attendo con ansia e trepidazione quel momento. è ciò che sento di voler provare, non voglio avere nè rimpianti nè rimorsi. anni fa, ebbi un legame importante ero più giovane e da quell’uomo avrei voluto un figlio, ma malgrado la reciproca voglia, non venni assecondata nel desiderio, ma non voglio pensare a quell’episodio e trovarlo un atto mancato. avere un figlio, credo che sia come dicono, un’esperienza unica. l’ho sempre desiderato, ed indipendentemente dalla stabilità affettiva. col tempo le cose cambiano ed i pensieri mutano con noi.

non farò la fivet, troppo aggressiva per l’endometriosi, ma una blanda stimolazione, le tube sono libere e secondo i medici del centro di barcellona, ci sono le condizioni per provare. provare a realizzare un sogno. certo, le domande che i questi mesi mi sono posta ed ancora mi pongo spaziano dal ‘sarò capce’ al ‘riuscirò a farlo crescere sereno’ all’ancora ‘come faccio’. 

mi rendo conto che la mia mail è lunghissima, spero non tediosa, volevo fare arrivare solo a te, la mia esperienza.

sperando che tu sia riuscita a leggere tutto e fino in fondo senza farti vincere da noia o sonno, -magari da tutt’è due- ti saluto caramente.

Ciao  … ho molto apprezzato il tuo modo di scrivere chiaro e pulito. Il tuo carattere assolutamente consapevole e maturato con la malattia. Si percepisce molto bene questo, dalle tue parole.

Arrivare a pretendere il meglio per noi stesse è una cosa che si impara.

Arrivare a leggere le altre testimonianze, seppur difficile è una cosa che si impara.

Arrivare a prendere un appuntamento in un centro specializzato in endometriosi … anche questo si impara.

Poi sì, è come dici tu … si sta a guardare cosa ci succede intorno … e spesso non ci sono parole.

Nelle sale d’aspetto, nell’ambulatorio del ginecologo mediocre, e dentro di te si fa chiaro il pensiero “ da questo non ci torno più”.

Al lavoro … quando capisci di essere un numero … e che nessuno potrà mai vederti come una persona, come una donna, una donna con endometriosi.

Provo vergogna per queste persone, vergogna per tutto il sistema.

Per come viviamo, per questa fretta che ci divora, questa superficialità che non ci permette di fermarci e ascoltare, comprendere, sostenere, condividere.

Incrocerò le dita per te carissima.

Il 2009 è stato incredibile … tantissime ragazze ce l’hanno fatta … anche quelle che erano anni che tentavano, sole contro tutti.

Credo che la medicina e la scienza stiano ottenendo veramente buoni risultati con la fecondazione assistita. Non mollare, insegui il tuo diritto ad una vita normale e serena.

Vogliamo da te presto una bella notizia!

Un bacione cara.

Vero