Carissima Veronica,
ho scoperto qualche giorno fa il tuo blog e la tua storia e subito ti ho richiesto una copia del tuo libro “CondividEndo”. Oggi ho deciso di scriverti per raccontarti anche la MIA storia che a quanto pare è però ben lontana dalla tua esperienza con l’endometriosi.
Il tutto ebbe inizio per me nel 1998 quando a seguito di una visita medica sentii per la prima volta nominare quella parola… “endometriosi”… Dall’età di 13 anni soffrivo di artrite reumatoide e quel mal di pancia durante il ciclo era stato a lungo sottovalutato data la mia patologia comunque molto complessa. Fui sottoposta ad un primo intervento e mi fu confermata la diagnosi: endometriosi ovarica. Nei mesi successivi, terminata la cura con l’enantone, i dolori tornarono accompagnati da diarrea e sofferenza generale. Ma i medici non capivano e continuavano ad attribuire i sintomi a varie patologie legate all’artrite.
Durante quell’estate conobbi quello che, a distanza di due anni, sarebbe diventato mio marito.
I sintomi nel frattempo peggioravano, i rapporti sessuali praticamente invivibili e nel 2001 il mio secondo intervento. Questa volta l’endometriosi era ovunque… legamenti utero sacrali bilaterali, legamenti larghi, vescica… Dopo sei mesi un nuovo intervento; tutto come nell’intervento precedente più una resezione intestinale del sigma e l’asportazione di un nodulo al retto. Nodulo che a distanza di altri sei mesi si era già riformato e la proposta, da parte dei medici, di un nuovo intervento per resezione al retto con la brutale frase: ”ci dispiace ma nelle tue condizioni una gravidanza è impossibile da immaginare”. Ma questa volta non ero pronta, troppo stanca e debilitata, sia fisicamente che psicologicamente e la mia risposta fu negativa.
Da tempo ero in cura con antiepilettici per la terapia del dolore ed un’eventuale gravidanza sarebbe stata comunque improponibile.
Cercai di concentrarmi su me stessa e sulla mia vita nell’intento di riuscire a mandar giù la rottura del mio sogno di essere mamma. Nel frattempo anche il mio rapporto con mio marito (e la sua famiglia) cominciava a fare acqua da tutte le parti.
Un giorno parlando con un’amica le dissi di avere un ritardo mestruale (premetto che nonostante tutto il mio ciclo era come un orologio svizzero) e lei mi suggerì di fare l’ennesimo test di gravidanza; questa volta ero serena, lo feci ma senza nessun tipo di illusione. Ma il test risultò positivo ed io stavo per diventare mamma.
Furono nove mesi difficili tra riposi forzati e la paura per minacce varie eppure il 4 marzo 2003 nacque LORENZO, un bellissimo bimbo di 3.570 kg, sanissimo.
Dopo due anni, nel 2005, un nuovo intervento durante il quale mi furono asportati due grossi noduli dal nervo ipogastrico bilateralmente e la mia vita venne sconvolta letteralmente. Mi svegliai dall’anestesia rendendomi conto di non avere più lo stimolo a fare pipì e di essere costretta a fare autocateterismo ogni quattro ore.
Nel 2006 ancora sotto ai ferri; questa volta adenomiosi e mi fu asportato l’utero.
Il danno neurologico subito durante il precedente intervento mi provocava dolori fortissimi al retto e alla gamba destra e lo scorso anno mi fu inserito un neuromodulatore sacrale, una sorta di pace maker midollare con lo scopo di ridurre il dolore neuropatico. A distanza di qualche mese il rigetto, scoprii di essere allergica al titanio, materiale (in genere inerte) in cui era realizzato lo stimolatore.
Nel frattempo, purtroppo, il mio matrimonio era finito; il giorno dell’isterectomia lui non si era neppure degnato di presentarsi. Come una goccia che fa traboccare il vaso questa volta si era stancato di tanta sofferenza ed il suo commento fu: “vivere certe cose non è come sentirsele raccontare”. E così, nel luglio del 2006, io e il mio Lorenzo, rimasti soli, andammo a vivere dai miei genitori.
Oggi la nostra vita non è semplice e lui, a sei anni, si occupa e si preoccupa della sua mamma come un uomo per una figlia. Spesso mi vede stare male e mi coccola, mi consola. Ha paura di perdere anche me.
Da allora nessun uomo è più entrato nella mia vita e i medici spesso mi sconsigliano i rapporti. Non sono sola, lo so, ma un giorno dovrò essere abbastanza responsabile da lasciar spiccare il volo al mio cucciolo e quel giorno non so, non voglio pensarci.
L’endometriosi mi ha permesso di diventare mamma, al contrario di molte altre donne, ma mi ha tolto il mio essere donna nel senso più intimo della parola.
A tutte le donne che come me soffrono tanto per questa subdola malattia io dico di non arrendersi, di non smettere di sognare.
Attraverso te Veronica lascio la mia testimonianza a tutte perché possano rendersi conto che niente è impossibile.
Ti ringrazio e ti abbraccio
Simona ‘73
Simona cara, che grande gioia leggere di quel test positivo, ma che grande dolore leggere tutto il resto. Vorrei davvero conoscerti e abbracciarti.
Grazie per aver pensato nel tuo dolore di dare speranza a tutte noi.
E’ molto bello che a volte la vita l’abbia vinta sulle parole dei medici, sulle loro “condanne”. Questo insegna che non bisogna mai perdere la speranza. MAI.
ti auguro di trovare una persona che sappia starti accanto come meriti, perchè la vita non è solo sesso e tu, il tuo essere e sentirti donna, non deve passare necessariamente da un utero malato, che non c’è più. Tu sei questa bellissima persona, questa bellissima mamma e i modi per amarsi sanno essere infiniti.
Un grande bacione
Vero