580) Storia di Federica

Ciao Veronica,
la mia storia, in confronto a tante altre che ho letto qui, è molto più leggera, non ho subito ancora alcun intervento, ma non è per il dolore fisico che sto male, per quello ci sono gli antidolorifici, ma per quello dell’anima che è mille volte più forte.
A giugno 2011, dopo 5 o 6 ecografie interne riescono a diagnosticarmi due cisti ovariche endometriosiche, ma erano mesi, forse anche anni, che lamentavo diversi disturbi riferibili all’endometriosi.
Comincia il tran-tran tra ginecologi vari fin quando mi affido a uno, si dice che sia uno dei migliori nella mia città.
Mi “mette in cura” con la pillola, dice che l’intervento non è risolutivo, che farlo ora che non cerco un figlio non mi cambierebbe molto, e che è meglio tirare avanti con la pillola fin quando riesco.
Affronto tutto questo, praticamente, da sola.
Alle visite mi ha accompagnato mia madre, ma non era della presenza fisica di cui avevo bisogno.
Non c’è stato un giorno in cui mi abbia preso per mano e detto: “sono con te”.
Il mio ragazzo mi è vicino, le mie amiche più care anche ma sappiamo tutte che la mamma è la mamma.
Sono stata io a farle forza, ad asciugarle le lacrime, a nascondermi in bagno quando la rabbia e il dolore per quanto mi sta succedendo prendono il sopravvento.
E’ un mese che ho perdite di sangue, nonostante la pillola, il mio ginecologo si è trasferito in un’altra città e non so a chi rivolgermi, lei lo sa ma non mi è d’aiuto e io a volte sento che non ce la faccio più, che vorrei potermi aggrappare a qualcuno che mi sappia sostenere e se non in grado di farlo lei, chi mai potrà aiutarmi?
Questa mattina mi sono svegliata con dei dolori fortissimi, non mi capitava da tanto, ho avuto paura oltre che tanto male:lei si è affacciata al bagno, mi ha chiesto cos’avevo, le ho risposto, ha detto “prenditi una pastiglia” e se ne è andata.
Lo so che anche lei ha sofferto tanto nella sua vita, che se l’è cavata da sola perchè sua mamma era lontana, ma io non sono lei e ci provo in tutte le maniere ad essere forte e indipendente ma è dura, a volte troppo.
Devo dire grazie all’endometriosi che mi ha dato modo di capire su chi posso veramente contare: me stessa.Fede.

Sai Federica, quando noi (noi inteso come Associazione Ape Onlus) parliamo della “consapevolezza” … parliamo anche di questo. La consapevolezza che la malattia ci ha dato, che può riferirsi a vari scomparti della nostra quotidianità, lavorativo, famigliare …
Nel tuo caso hai acquisito consapevolezza su te stessa. Su quella che è la tua forza ma anche la tua debolezza.
Io credo che avere la certezza di poter contare su noi stesse sia sinonimo di concretezza e obbiettività.
Rafforza anche solo pensarlo, non credi?
Con questo non voglio dire che hai ragione e che tua mamma non è in grado di starti accanto. Credo che semplicemente non sappia farlo come vorresti tu. Credo che possa essere un suo modo per rassicurarti considerandoti “sana”, un modo per allontanare la malattia, per non farla diventare protagonista delle tue giornate. Ma può essere anche ignoranza, il non sapere le conseguenze di questa malattia. Può essere speranza, che tutto possa andare bene, che tutto possa passare.
Può essere senso di colpa, per averti trasmesso una malattia.
L’amore tra madre e figlia è molto intenso, così tanto che a volte per non ferire o preoccupare non si riesce a parlare la stessa lingua.
Porta pazienza, purtroppo capita spesso di trovarsi nella situazione di aver “bisogno” di appoggio e di dover poi essere proprio noi a sostenere gli altri.
Credo che tutte le donne abbiano questo grande “dono” 🙁
Se vuoi scrivermi in privato di dove sei, possiamo guardare insieme se ci sono centri specializzati pubblici vicino a te.
Ti abbraccio