Cara Veronica, mi ci vuole molto coraggio per scriverti, anzi per scrivervi. Non ti conosco, non vi conosco, ma vi sento amiche, compagnie di un percorso tanto doloroso e faticoso.
Mi chiamo Silvy, ho 23 anni e vivo in un paese della Valle d’Aosta. Quando ero piccola (e ancora oggi) sognavo di avere tanti figli, di essere una super mamma attenta e di mettere al primo posto la famiglia. Sempre.
Avevo circa 16 anni quando ho subito un intervento chirurgico in laparoscopia per togliere l’appendice. Beh, un intervento di routine, un intervento in cui mi dovevano togliere la mia appendicite, chiudere tutto e voilà i dolori sarebbero finiti.
Al mio risveglio però, e vi assicuro che sento ancora oggi queste parole rimbombarmi nella testa, i medici mi dicono: “signorina l’intervento è andato bene, la sua appendicite non era molto infiammata, però…. vada da un ginecologo perché forse lei non potrà avere figli, le abbiamo dovuto togliere un focolaio di endometriosi”.
La mia camicia da notte era all’improvviso diventata pesante. Eh?? Ma era una appendicite, cosa c’entra con l’avere figli, cosa c’entra un ginecologo e soprattutto endo che?
Ed è così che sono venuta a conoscenza di questa oscura malattia.
Ho contattato un ginecologo e sono andata, sconvolta, da lui. Ricordo che ho pianto tanto davanti a lui, mentre mi spiegava che cos’era questa dannata bestia dal nome “endometriosi”.
Mi ha rassicurato molto, raccontandomi anche parte della sua vita, spiegandomi che era solo un sospetto di endometriosi, che avrei dovuto continuare a prendere la pillola, tenendo il tutto sotto controllo e qualora avessi provato un male insolito di chiamarlo subito.
Male insolito? E come poteva essere questo male insolito?
Non l’ho saputo fino a quando, due anni dopo non è arrivato a farmi visita durante una mestruazione. Lo definisco come: una lama che ruotando nella pancia mi taglia. Sono svenuta nel letto dal male. Cosa mi stava succedendo? Ho chiamato il medico di base per il foglio della mutua, e simpaticamente mi ha detto che doveva vedermi per potermelo fare, mi sembrava impensabile sottopormi ad ore di code per un assurdo foglio.
Ho chiamato il ginecologo che mi ha ricevuto un paio di ore dopo. La visita è stata dolorosissima, ricordo che non riuscivo neanche a rimanere sdraiata sul lettino. Ed è così che la mia endometriosi da sospetto è diventata realtà. Endometriosi del setto retto vaginale.
Sono andata anche in altri centri che hanno confermato la mia diagnosi, dicendo che l’operazione era molto rischiosa, tre mesi di pillola continua rappresentavano l’unica soluzione, durante le mestruazioni antidolorifici e tanta speranza. Un’operazione, infatti, comporterebbe l’intervento di più figure professionali: ginecologo, urologo, chirurgo e non ricordo che altro ancora.
Vi dirò che con questa cura la mia endometriosi era diminuita, il dolore era solo legato alla mestruazione ma con un po’ di riposo durante il ciclo e con l’antidolorifico era possibile anche superare quella settimana infernale.
Penso che noi tutte impariamo ad ascoltare meglio il nostro corpo e questo gennaio capii che qualcosa non andava, che qualcosa era cambiato…in peggio.
Ogni passeggiata nelle mie belle montagne era diventata una passeggiata in compagnia di una punta costante al lato destro…alle volte salivo con le ciaspole fino ad un rifugio senza problemi e durante la discesa non riuscivo neanche ad alzare la gamba destra. Altre volte non riuscivo neanche ad arrivare a metà percorso (e vi assicuro percorsi facili e accessibili a tutti).
Il 28 gennaio sono andata dal ginecologo e ha confermato tutti i miei dubbi. ‘L’endometriosi già conosciuto si è ingrandito fino ad arrivare alle dimensioni di 19X11 (prima era 11X6), e sono venuti a fargli visita sicuramente un altro focolaio e probabilmente anche altri focolai non visibili dall’ecografia.
Chiaramente per rendere le cose più divertenti il nuovo “amico” si è posizionato in profondità vicino all’ovaia destra proprio dietro l’arteria uterina. Il ginecologo ha detto: “c’è da ridere ad operare qui!!”.
Mi ha detto che mi manderà presto a fare una visita molto più accurata, in modo da valutare con altre persone se è il caso di intervenire.
Mi consiglia di avere un figlio, ritiene sia meglio avere un figlio prima dell’intervento. Mi spaventa. Sono fidanzata, ho 23 anni, ma avrei aspettato ancora due – tre anni, un lavoro per me e qualcosa di meno “precario” per lui.
Cosa faccio? E’ così difficile.
Mi chiedo se si può fare un figlio per egoismo, per cercare di stare meglio o per non avere rimpianti. So che amerò quella creatura, ma le domande che mi tormentano sono tante.
E se un domani non riuscissi ad avere un figlio? Non sarebbe ancora più devastante, in fondo mi avevano avvisato (a questo riguardo mi dispiace scrivere queste cose qui, se penso che tante di voi stanno lottando proprio ora per avere un bambino…scusatemi).
Forse a spaventarmi è proprio l’imprevedibilità di questa malattia. Le mie “condizioni” possono migliorare, possono peggiorare, possono diventare anche irreversibili. Ma ora io questo non lo so…
Vi scrivo questa lettera dal mio letto, negli ultimi giorni di mestruazioni, con una pesante punta nella zona destra. Con una stanchezza che mi accompagna e che nessuno comprende. Non vi nego che da quel lunedì qualcosa in me è cambiato, le mie forze sono scese, ma so che torneranno. Siamo nemici che condividono lo stesso corpo. Lotterò sempre per essere la più forte. Anche se quando lui arriva, se quando lui vuole, mi fa camminare curva come se avessi la gobba, come se mi fosse arrivato un calcio in pancia.
Forse non è il modo migliore per affrontare questa malattia, forse dovrei accettarla e in tanti momenti, vi assicuro, ci provo.
Non so come andrà, so solo che vi sono vicina.
Silvy
Cara Silvy sai cosa mi ha colpito? Il peso delle parole.
Tante volte penso a quanto le parole abbiano un peso, a come vengono da noi recepite e soprattutto con che leggerezza vengono pronunciate.
Mi sono detta: “ma questi dottori proprio in questo modo devono parlare”? Che bisogno c’era di dirti appena sveglia “vada da un ginecologo perché forse lei non potrà avere figli?” oppure “c’è da ridere ad operare qui!”.
Professionalità vuol anche dire SENSIBILITA’ e UMILTA’ … sensibilità perché non si può dire ad una ragazza di 20 che si sveglia da un intervento che forse non potrà aver figli e umiltà nel non imitare Mago Merlino con la sua sfera di cristallo, perché nessuno può prevedere il futuro. Nessuno nemmeno il più bravo dei dottori deve permettersi di togliere le speranze o di sentenziare il futuro delle sue pazienti.
E “c’è da ridere ad operare qui” è una frase che un medico deve lasciarsi scappare in mensa con un suo collega mentre mangia insalata, non davanti alla sua paziente di 20 anni.
Perché poi con queste frasi bisogna conviverci, bisogna prenderci sonno, farci l’amore, sostenere lo sguardo delle persone che ci amano e che non vogliamo far preoccupare, bisogna conviverci nel momento in cui firmiamo un consenso informato prima di un intervento, mentre l’anestesista ci fa addormentare, inserirle nei nostri sogni e nella nostra prospettiva di futuro.
Per mesi interi dobbiamo convivere con queste parole che pesano come macigni e con ogni probabilità ci sveglieremo dall’intervento e tutto sarà andato bene, nessuno avrà “riso” operandoti in quella posizione perché avrai avuto a tua disposizione un team specializzato, ognuno nella propria disciplina e avranno fatto un ottimo lavoro, rimettendoti a nuovo e restituendoti il diritto ad una vita decente e serena.
Questo penso, Silvy. Vai oltre alle parole, vai oltre la non sensibilità. Resta più che puoi sui fatti, sii obbiettiva il più possibile.
Sei giovanissima, la tua endometriosi è tenace ma “affrontabile” in un buon centro specializzato. Allontana l’angoscia e cerca dentro di te la forza che hai … anche se ti sembra di non averla.
Ragiona sul presente. Lascia perdere il passato e soprattutto il futuro con le sue paure.
Imponiti di ragionare sul presente. Se riesci a fare questo, credimi, starai meglio.
E’ difficile ma si chiama anche SOPRAVVIVENZA e a volte siamo in grado di sollevare montagne.
In bocca al lupo … e un abbraccio
Vero
ciao silvy..ti scrivo perchè ti sento vicina..anche io ho 23 anni ed anche io lotto contro l’endometriosi anche se la mia diagnosi definitiva non è ancora arrivata..ed anche a me è stato detto di avere un figlio ed io ho deciso di averlo..anche la mia situazione è precaria ma io ed il mio fidanzato ci vogliamo provare..vogliamo un bimbo e non vogliamo aspettare..non voglio assolutamente convincerti ad averlo però ti consiglio di guardarti dentro..di ascoltare il tuo cuore..un figlio è desiderato al momento giusto, quando sai che hai accanto una persona speciale che non ti abbandona ma che lotta con te..un figlio è desiderato non quando ti dicono che una gravidanza ti farà star meglio fisicamente ma quando ti farà star bene psicologicamente..quando sai che in quel momento non desideri nient’altro che ascoltare un battito nuovo dentro te..un figlio non è una cura ma è una speranza perchè il futuro potrà riservarti tante avversità ma tu hai tra le braccia la cosa più bella di tutta la tua vita..
non decidiamo il nostro futuro al 100% ma c’è sempre una possibilità di fallimento per quanto riguarda i nostri sogni..la vita è già abbastanza dura..regaliamoci noi stesse un pò di felicità e dimentichiamo i medici o chiunque sia al nostro fianco sempre pronto a far battute squallide..teniamo per noi solo le cose belle..ed io ti auguro un milione di cose belle..baci
Cara Veronica, ti ringrazio per le tue parole, mi danno forza, e le custodisco gelosamente per rileggerle nei momenti di sconforto.
Non ci conosciamo, io ho “vissuto” la tua storia leggendo i tuoi preziosi libri e da subito ti ho sentita amica… spesso mi sento sola nel mio dolore, i miei amici, i miei familiare possono solo intuire quello che si prova, e qui, in Valle d’Aosta, non conosco nessuno con il mio problema, cioè a dire il vero ne conosco di persone, ma persone che non vogliono parlarne, che non vogliono neanche conoscere troppo, che spesso dicono “sono guarita”.
Io come te ho sete di sapere… penso che la conoscenza sia importante, per provare ad accettare ma anche per sapere chi combattere! =)
Vorrei essere la tua vicina di casa (o di orto), incontrarti per un caffè, chiederti una “sciocca” informazione o un parere… !
Grazie per quello che hai fatto!
Cara Lucia,
grazie anche a te per le tue parole, per aver condiviso con me la tua storia. Effettivamente anche io mi sento vicina a te, in una storia, in un bivio simile ma vissuto, forse, diversamente.
Stimo la forza che hai avuto nel prendere una decisione, io dondolo ancora nell’incertezza.
Le tue parole sono determinate e questo mi fa assolutamente pensare che la tua sia una scelta dettata dal desiderio e dalla volontà e non da una costrizione. Questo è splendido.
Spero di avere altre notizie da te, di “vedere” (o meglio leggere) che questo tuo desiderio si è coronato.
Ti auguro con il cuore tanta luce, la luce che porti nel nome.
Silvy
E pensa che io vorrei tanto essere vicina di casa tua, visto che un po’ di Val d’Aosta la porto nel cuore e appena posso vengo a passare qualche giorno al fresco. Sei troppo buona con me, lo siete tutte, grazie. Questo mio percorso mi ha “salvata”, tutte voi mi avete salvato da angoscia e preoccupazione. Se ho potuto in un qualche modo restituirvi il favore con le mie parole e con questo blog sono contenta.