659) Storia di Cristina e Alessandro

La nostra storia d’amore è nata con l’endometriosi. Cristina veniva da un periodo nero: dopo aver scoperto di avere questa malattia invalidante è rimasta sola, nel momento in cui aveva più bisogno di sentirsi amata.

Quando ci siamo conosciuti cercava di mostrare al mondo quanta energia avesse ancora in corpo, di far vedere che l’endometriosi non la poteva mettere ko. Sorrideva ma nei suoi occhi mi colpì uno strano velo di malinconia.

Ci siamo iniziati a frequentare e ho capito che quella non era solo malinconia. Ma anche rabbia. Verso la malattia, in un percorso di accettazione che ancora non poteva essere iniziato. Ma anche verso chi l’aveva abbandonata nel momento più difficile della sua vita.

Quando ci siamo conosciuti eravamo giovani, io 27 anni e lei 22. Era un caldo mese di luglio e come ho già detto a farci “compagnia” ci fu l’endometriosi. Cristina temeva che questa cosa potesse allontanarmi da lei, in realtà è qualcosa che mi ha fatto capire quanto speciale fosse.

Mi ha sempre dimostrato una forza di volontà fuori dal comune. Certo, i momenti di difficoltà e debolezza ci sono e spesso mandano il morale sotto i tacchi. Tre mesi dopo il nostro primo bacio ero all’ospedale, accanto a lei appena uscita dalla sala operatoria. Quando magari avevamo programmato una giornata insieme spesso dovevamo stravolgere tutto per le fitte alla pancia. Insieme abbiamo peregrinato da un dottore all’altro, da un ospedale all’altro. Tanti, tantissimi momenti difficili.

Ma di una cosa sono certo: non sono mai stato così felice e innamorato in vita mia. Mi sento un uomo fortunato ad aver trovato una donna così, forse senza endometriosi tra i piedi il nostro rapporto non si sarebbe cementato in così poco tempo.  Nel tuo libro Veronica si parla di endometriosi come malattia che fa scappare gli uomini. Per me l’endometriosi, invece, unisce le coppie. Quelle che provano il vero amore, quello con la A maiuscola, quello che ci fa affrontare i momenti belli e quelli brutti sempre uno accanto all’altro.  Chi lascia una donna per la sua malattia lo fa come corsia preferenziale per rompere una relazione addossando colpe e responsabilità a quelle della propria compagna. Un gesto semplicemente vile.

Abbiamo spesso parlato del nostro futuro insieme, della possibilità di non avere dei figli. Per due ragazzi così giovani non è facile affrontare certi argomenti, anche se l’endometriosi quasi ti costringe a farlo. Non puoi fare finta che non ci sia. La pancia di Cristina è sempre un segnale di allarme, ma anche a livello psicologico non è semplice fare i conti con questa malattia. Ti sbatte in faccia ogni momento che lei c’è e non puoi fare finta di non vederla.

L’endometriosi ci ha fatto crescere e maturare più in fretta di altre coppie. Le rinunce, i sacrifici, la sofferenza che normalmente la vita ti obbliga ad affrontare nel passaggio dall’adolescenza alla vita da adulti per noi è arrivata prima degli altri. Ma non ci spaventa e, anzi, ci godiamo ogni singolo momento insieme come qualcosa di speciale e unico. A volte ho paura. Cerco di non mostrarle le mie insicurezze, cerco di non farle vedere quanto sia in pensiero per lei quando sta male. La vorrei proteggere ogni istante, ma allo stesso tempo se lo facessi continuamente finirebbe per sentirsi soffocata da me. E allora sì che la malattia sarebbe un enorme ostacolo tra di noi.

I nostri sogni sono ancora tanti. Un futuro insieme, una casa tutta nostra, il matrimonio, i viaggi. Viviamo giorno per giorno, tra serate in compagnia con gli amici, cene sul mare d’estate, passeggiare nei boschi in montagna. Ci prenderemo tutto quello che il destino vorrà darci e se ci sarà bisogno nei momenti difficili ci aiuteremo a vicenda. Sempre insieme, uno accanto all’altro. Uniti anche nella battaglia contro l’endometriosi.

Alessandro

 Immaginarvi è molto bello. Traspare serenità e ottimismo. Sarà quel che sarà, ma di sicuro sarete sempre insieme. E questo è già un dono meraviglioso.
Grazie Alessandro per la vostra testimonianza.
Vero

 

658) Storia di Valeria

Mi chiamo Valeria, ho 36 anni e soffro di endometriosi. Ho scoperto di avere questa malattia dal 2009 anche se suppongo si sia sviluppata parecchi anni prima. Da sempre ho avuto forti dolori durante il ciclo e più volte sono finita al pronto soccorso senza avere una risposta concreta. I medici mi dimettevano senza troppi approfondimenti ed io leggevo sui loro volti espressioni di smarrimento o di superficialitá.

Nel frattempo ho trovato finalmente l’amore della mia vita, Oskar. Con lui ho trovato la serenitá che tanto cercavo.

Dopo un paio d’anni abbiamo condiviso l’idea di avere un figlio. Dopo un anno di tentativi, nulla.

Da quel momento mi sono sottoposta ad accertamenti approfonditi per capire davvero come mai non rimanevo incinta.

Dopo visite ed ecografie varie, il mio ginecologo mi ha consigliato di effettuare una laparoscopia esplorativa per capire quale poteva essere il problema. Fatta la laparoscopia ecco la diagnosi: “Endometriosi avanzata”. Dopo due mesi sono stata operata nuovamente. Avevo un’endometriosi al IV stadio..

Ho vissuto momenti di paura e insicurezza profonda: non sapevo a cosa potevo andare incontro, e nello stesso tempo ero consapevole che la mia difficoltá nel rimanere incinta era strettamente legata a questa malattia.

Dopo l’operazione, come per tante coppie nella nostra stessa condizione, abbiamo tentato la fecondazione artificiale. Mi chiedevo: serviranno questi sacrifici, serviranno tutti questi farmaci? Avra’ un senso lottare contro la natura?

Per due volte il risultato è stato negativo. Tutto ció è stato logorante sia per me che per Oskar che mi vedeva sempre più triste e priva di speranze. Perché quando scopri di avere una malattia come l’endometriosi, il destino che ti eri prospettata si frantuma in un solo colpo.

Il percorso di recupero è stato doloroso e molto complicato.

Ero molto chiusa in me stessa, avevo costruito davanti a me un muro per difendermi da ció che mi circondava. Mi sentivo a disagio a stare in compagnia altrui, nonostante solo poche persone sapevano della mia condizione. Mi sentivo inadeguata e come scrive Veronica, mi sentivo una donna a metá. Intorno a me vedevo amiche e conoscenti che aspettavano un bambino, facevano progetti di famiglia con facilitá ed io provavo tristezza e nel contempo invidia.

Le uniche persone con le quali avevo un rapporto erano i miei familiari. Solo con loro e con Oskar potevo essere davvero me stessa.

Ma lentamente stavo sprofondando in un buco nero, il solo luogo dove mi sentivo al sicuro.

Oskar mi è sempre rimasto vicino spronandomi a reagire… Era preoccupato e in pensiero per il mio stato d’animo. Non volevo che anche lui soffrisse più di quanto non avesse giá sofferto. Con il suo aiuto mi sono data una scrollata e ho cominciato a sollevarmi.

Ho partecipato cosí a un gruppo di auto mutuo aiuto, e come scrive Veronica sono rimasta di stucco nel vedere quante donne hanno la stessa problematica.

Ma, nella fase in cui ero, il gruppo non faceva per me. Avevo bisogno di uno spazio solo mio, dedicato a me stessa, ai miei sentimenti.

Ho iniziato cosí un percorso psicologico; mettersi nuovamente in discussione, e ricomporre il puzzle delle mie emozioni: é stata inizialmente davvero dura.

Ma poi ho considerato questo cammino come un’opportunitá. Ho affrontato temi e ricordi della mia vita che hanno influenzato il mio modo di essere e il mio modo di far fronte alle esperienze belle e brutte. Ho cercato con tutte le mie forze di affrontare la rabbia, il senso di smarrimento, la paura che l’endometriosi mi aveva lasciato dentro. Piano piano questi sentimenti si sono attenuati per lasciare spazio alla VITA vera e propria.

Come tante di noi hanno scritto, il percorso verso l’accettazione della malattia è lungo e doloroso.

Ognuna di noi a suo modo ci sta provando. Io credo di essere arrivata a un buon punto..

Ho capito che con l’endometriosi devo conviverci. Se prima “materializzavo” la malattia come un essere subdolo nel mio corpo, ora la immagino come una parte di me: una parte di me purtroppo disorientata, incapace di esprimersi in modo positivo.

E’ una parte che o si accetta o si subisce. Ho capito che è meglio affrontarla e quindi accettarla. Solo cosí posso essere protagonista della mia vita: godermi le persone a me care e le cose belle che mi interessano davvero.

Sono consapevole che ci saranno sempre delle fasi più “toste” di altre. Ma al momento, la cosa più importante è sapere di aver intrapreso la giusta direzione.

Un in bocca al lupo a tutte,

Valeria

Carissima non ti conosco ma sono molto fiera del tuo percorso.
Subire una condizione non è vivere.
Hai reagito, a fatica ma ce l’hai fatta e trasformare una cosa negativa in un’opportunità è assolutamente una vittoria.
Continua così, continua a “dialogare con te stessa” e sarai sempre in grado di aiutarti.
Ti abbraccio e ti auguro tante belle cose.
Veronica

657) Storia di Sara

Ciao Veronica, mi chiamo Sara e ho 33 anni nel gennaio del 1999 all’età
di 19 anni mi hanno operato d’urgenza per una appendice acuta….al mio
risveglio il chirurgo mi disse che dovevo farmi seguire da un buon
ginecologo perchè la sotto la situazione non era delle migliori da lì
sono sempre stata male i dolori pelvici aumentavano e così mi rivolsi
nuovamente all’ospedale nuovo intervento e al risveglio le mie orecchie
hanno sentito per la prima volta parlare di endometriosi…:”non è
niente” disse il chirurgo e così mi mandò a casa senza terapie ne
consigli……la mia situazione fisica peggiorava prima e dopo il ciclo
i dolori erano talmente forti che non riuscivo ad andare al lavoro
cosicchè mio padre su internet trovò il nome del Dottor Mattei di
Firenze il mio angelo custode, con lui nel 2005 feci un primo intervento
che portò alla diagnosi di endometriosi di iv stadio che nel 2006 ha
portato alla resezione dell’intestino da lì la mia vita è cambiata non
era vero che non era niente questa bestia ti annienta come donna
ovviamente  cerchiamo un bimbo io e mio marito ormai da 7 anni abbiamo
fatto 3 tentativi di fecondazione in vitro con esito negativo, è
doloroso vedere donne con il pancione è doloroso pensare ad una vita
senza figli ma ancor più doloroso è l’ignoranza che c’è su questa
malattia nessuno la conosce nessuno che ti capisce quando mandi malattia
per i dolori mestruali etc etc grazie al tuo libro spero che molti
imparino la parola endometriosi e imparino sopratutto a conosce una
malattia che è invalidante e ti uccide come donna.
però io forse devo anche ringraziarla perchè grazie a lei e a tutte le
difficoltà che ci sta regalando ho scoperto l’amore vero.. mio marito
non mi lascia mai sola non mi fa pesare niente e quando i dolori
diventano forti si sdraia sul letto vicino a me e mentre io singhiozzo
lui mi accarezza la schiena e la pancia sussurrandomi di continuo ”
respira con calma vedrai che adesso passa…” certo spero di diventare
presto mamma grazie alla scienza ma se così non sarà so che non
invecchierò da sola ma avrò accanto per sempre l’amore vero l’amore con
la “A” maiscola grazie per i tuoi libri sono fondamentali…..
un bacio Sara

Io sono sicura che accadrà Sara! Ce la farete e come dopo il peggiore parto, dimenticherete tanta sofferenza.
Grazie per averci mandato la tua testimonianza.
Veronica

656) Storia di Claudia

 

Ciao Veronica. Mi chiamo Claudia, ho 20 anni e ho scoperto solo 1 anno fa di avere l’endometriosi. Ho avuto fin da piccola un infanzia difficile con molti problemi. Fin dal mio primo ciclo mestruale soffrivo moltissimo dolori assurdi, diarrea, vomito. Nessuno capiva cos’ avevo anche a causa dei problemi intestinali ;finché l’anno scorso non scopro questa notizia che mi ha distrutto.  Sono una ragazza senza lavoro e senza famiglia ma grazie a dio ho un fidanzato d’oro che mi ha aiutato con tutte le spese mediche senno sola non sarei riuscita a fare niente. Spesso sono triste molto irritabile e delusa perché molte volte la mia vita si limita a stare a casa con i dolori. Purtroppo la mia ginecologa sconsiglia un intervento perché ho l’utero retroverso e il nodulino è attacato tra la parete dell’utero e del retto e ci potrebbero essere complicanze. Si lo so io non sono messa male come altre donna però mi sento sola e inesperta. Adesso sto sperimentando il nuovo farmaco visanne che in qualche mese dovrebbe rimpicciolire l’endometriosi e togliere la maggior parte del dolore. Spero funzioni e mi aiuti a stare meglio. L’endometriosi mi ha recato anche tanti disagi nei rapporti di coppia. Adesso sono giovane ma fra qualche anno vorrei diventare mamma è il mio sogno fin da bambina. Spero con tutto il cuore che questo sogno si realizzi!! Ciao un bacione
Claudia

Carissima ti auguro di cuore di riuscire a realizzare il tuo sogno. Sei molto giovane hai la possibilità di decidere con calma quale strada percorrere. Affidati ad un buon centro specializzato mi raccomando.
Un abbraccio
Veronica

Marisa di Mizio Pres. Ape Onlus scrive all’Indignato Speciale TG 5

Buongiorno a tutte e buon 21 luglio a tutte ovunque voi siate! 🙂 Vi scrivo per comunicarvi che il consiglio direttivo dell’A.P.E. onlus dopo aver visto il servizio giornalistico andato in onda nella trasmissione “L’indignato speciale” di canale 5, ha deciso di inviare una formale lettera di “indignazione” per quanto è stato asserito nei due minuti di messa in onda. Di seguito il testo della lettera inviata ad Andrea Pamparana, giornalista mediaset in data 17 luglio. http://www.video.mediaset.it/video/tg5/indignato_speciale/399006/l-endometriosi-e-la-sanita-nazionale.html

Un caro saluto a tutte. 🙂

Egregio Dr Pamparana, sono Marisa Di Mizio presidente nazionale dell’Associazione Progetto Endometriosi A.P.E. onlus, associazione di volontariato onlus attiva da
ottobre del 2005.
La nostra associazione, che ha sede nazionale a Reggio Emilia, si prefigge come scopi principali l’aiuto, il sostegno alle donne con endometriosi oltre ad informare l’opinione pubblica ed i medici di medicina generale sulla malattia, malattia che ha colpito anche la sottoscritta, le fondatrici dell’A.P.E. ed il consiglio direttivo che si unisce alla stesura della seguente mail.
Il motto della nostra associazione è “Fare informazione per creare consapevolezza”.
Aggiungo: informazione corretta ed è questo il motivo che mi spinge a scriverLe in quanto il servizio andato in onda il giorno 12/07/13 contiene una serie infinita di inesattezze.
Nei due minuti di servizio giornalistico le imprecisioni sono state tali e tante da distruggere il lavoro che da anni le associazioni di pazienti portano avanti per fare un’informazione corretta su una malattia che colpisce in Italia circa 3 milioni di donne ed è misconosciuta dalla stragrande maggioranza delle persone.
Partiamo dai punti fondamentali: la malattia NON è riconosciuta dallo Stato Italiano e l’esenzione a cui fa riferimento la Signora Barbara Cuccato NON esiste.

L’endometriosi NON ha un proprio codice di esenzione e nonostante gli sforzi di numerosi parlamentari, in primis la Senatrice Bianconi che da anni è al nostro fianco e che nel 2005 ha presentato al Senato:
“L’INDAGINE CONOSCITIVA FENOMENO DELL’ENDOMETRIOSI COME MALATTIA SOCIALE”.
Questo perchè la malattia riceva il giusto e doveroso riconoscimento che, fino ad oggi, non è ancora avvenuto.
Altra questione: da anni ci battiamo in tutte le sedi istituzionali affinchè l’endometriosi venga riconosciuta malattia invalidante: un anno fa l’INPS aveva recepito l’endometriosi nelle nuove tabelle per l’invalidità, ma affinché quelle tabelle diventino operative, serve un decreto attuativo da parte del Ministero della Salute che non è ancora arrivato.
Il discorso “esenzione” resta comunque slegato dall’invalidità e, visti i tagli continui ai budget ospedalieri e la famigerata spending review degli enti pubblici, non è realistico pensare che si riesca ad ottenere l’esenzione dal ticket in tempi brevi. Anzi, è utopistico pensarlo..
Allo stato attuale, possono beneficiare dell’esenzione per alcuni esami e visite solo quelle donne che sono affette da pluripatologie: donne che non hanno “solo” l’endometriosi ma altre malattie importanti o che, a causa di un intervento demolitivo per l’endometriosi, hanno subito la compromissione di organi vitali (esempio pazienti stomatizzate). Se questo è il caso della Signora Cuccato era fondamentale specificarlo nel servizio giornalistico per fornire informazioni corrette.

Affrontiamo la questione dei farmaci che vengono prescritti alle donne con endometriosi: solitamente gli specialisti prescrivono la classica pillola anticoncezionale che non è mutuabile in quanto, pur essendo utilizzata per tenere sotto controllo la malattia inibendo il lavoro delle ovaie, le finalità e gli scopi del farmaco sono tutt’altri.
Esiste poi una serie di farmaci, come gli analoghi del GnRH, molto “pesanti” sotto il punto di vista degli effetti collaterali e che sono generalmente mutuabili, ma sono terapie di breve durata, max 6 mesi, proprio per i disturbi correlati (vampate, sudorazione, perdita di calcio etc).
Sebbene nel servizio non se ne facesse il nome, posso/possiamo supporre che
il farmaco “miracoloso” a cui si riferiva la Signora Cuccato è il Visanne della Bayer, progestinico il cui principio attivo è il dienogest disponibile in Italia da metà maggio.
Si tratta del primo farmaco con indicazione specifica per endometriosi che, negli studi scientifici, ha dimostrato un’efficacia simile a quella degli analoghi del GnRH, ma effetti collaterali simili a quelli delle comuni pillole anticoncezionali.
Pur non essendo in grado di “curare” la malattia, è un farmaco promettente per quanto riguarda la capacità di controllo del dolore e il miglioramento complessivo della qualità di vita delle pazienti.
L’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco ha stabilito che Visanne rientra nella
fascia C, con costo totale a carico del paziente e obbligo di ricetta per la vendita: trattandosi di un farmaco nuovo, ha un costo piuttosto alto, pari a 56 a confezione (quindi al mese).
Come associazione nazionale di pazienti siamo da diverso tempo in contatto con esponenti della Bayer ai quali abbiamo espresso il nostro disappunto in merito ai costi che le donne dovranno sostenere per poter avere dei miglioramenti, ma prevediamo tempi lunghi per una risoluzione che molto probabilmente non avverrà.

Il punto focale rimane comunque l’informazione errata data nel servizio relativamente all’esenzione ed al riconoscimento e che vorremmo venisse rettificata nel più breve tempo possibile con un’altra intervista o con qualsiasi altro mezzo riterrete opportuno.
Non è concepibile smontare con due minuti di servizio, anni di lavoro, impegno, sacrifici, si sacrifici perchè siamo tutte volontarie, tutte affette dalla malattia, con un’intervista francamente “indignante”.
Sperando in un Suo cortese riscontro, Le lascio il mio recapito telefonico nel caso volesse contattarmi per fare due chiacchiere in merito.
Grazie dell’attenzione.
Cordialità
Marisa Di Mizio
presidente A.P.E. onlus