263) Storia di Tatiana di Bolzano

Ciao Veronica,
credo che nella vita capita talvolta di trovarsi nel posto giusto al momento giusto ed è quello che è successo anche a me.
 
Mi chiamo Tatiana, ho 39 anni ed ho sentito parlare di te per la prima volta, un pomeriggio d’autunno che ero a casa in malattia; a un programma televisivo proponevano la storia di tua nonna Rachele e del suo blog in internet. In quell’occasione è saltata fuori la parola “endometriosi”, e ciò ha catturato immediatamente la mia attenzione e curiosità.
 
Visto che la cosa mi interessava in prima persona, mi sono ripromessa che appena fossi guarita, avrei visitato il sito in internet per saperne di più: e così è stato!
 
Personalmente mi si è aperto un mondo nuovo, che fino ad allora avevo vissuto e affrontato solo con me stessa, dicendomi spesso che la vita era stata ingiusta nei miei confronti.
 
Perchè dovevo soffrire così tanto? Visitando il tuo blog non mi sono sentita più sola e sfortunata, ma la mia storia era condivisa da tante altre donne di tutte le età. Nella mia convinzione ho sempre creduto, inoltre, di essere tra quelle poche donne al mondo che purtroppo soffre di questa malattia.
 
Sì perchè l’endometriosi è una brutta “bestia” che si impadronisce di te e può rendere la tua vita dolorosa, talvolta traumatica ma sopratutto condiziona il tuo lato psicologico.
 
La mia storia è uguale a molte altre, e i sentimenti che provo contro questa che credo essere un’ingiustizia (talvolta ho pensato addirittura quale colpa debba espiare per soffrire talmente tanto) sono rabbia e frustrazione, molte volte rassegnazione e sconfitta davanti a una situazione che periodicamente si presenta.
 
Ho scoperto di essere affetta da endometriosi tanti anni fa, durante una visita da uno dei tanti ginecologici che mi è stato consigliato e che ho deciso di interpellare (avevo fatto ormai il giro di quasi tutti quelli della mia città!).
 
Che calvario che è stato però ogni volta: sottoporti a una nuova visita, spiegare per la millesima volta la tua situazione, sottoporti a nuovi esami, per poi sentirti dire che provare dolore durante il ciclo mestruale è normale (un ginecologo uomo può veramente comprendere il dolore che provi “in quei giorni”?).
 
Forse per loro era normale, ma non per me che invece significava piegarsi in due tutti i mesi e prendere la solita “pillolina” che ti facesse stare meglio per andare avanti (il mio dolore l’ho sempre descritto come un coltello conficcato nell’utero).
 
La supposizione o meglio la certezza che si trattasse di endometriosi è stata per me una doccia fredda, tanto che mi sono sentita male nell’ambulatorio del ginecologo; prima di allora non ne avevo mai sentito parlare e il caso ha voluto, che proprio quel giorno prima di entrare per la visita, su un tavolino in sala d’attesa ci fosse un opuscolo che trattasse l’argomento (coincidenza o destino?).
 
Da quel momento la mia vita è cambiata. Ricordo che il medico con aria “rassicurativa e paterna” mi comunicava che con questa malattia avrei potuto vivere tranquillamente fino a 100 anni potendo avere però problemi di infertilità e quindi negarmi la possibilità di rimanere incinta; se per lui la situazione non creava alcun problema, per me il mondo mi crollava completamente addosso.
 
Come non potevo avere figli, io che ho sempre desiderato una famiglia? Cosa mi importava di vivere una vita longeva ma soffrire le pene dell’inferno?
 
E intanto gli anni sono trascorsi con i miei dolori fino a quando sono arrivata alla mia prima operazione. E’ stata eseguita nel maggio del 2002 presso l’Ospedale di Merano in provincia di Bolzano; i ricordi e le sensazioni sono ancora nitidi e indelebili e la speranza che nutrivo a quei tempi nella risoluzione del problema, era davvero molta.
 
Purtroppo sono rimasta delusa! Nel gennaio 2006 è seguita una seconda operazione sempre nello stesso ospedale; la malattia si è ripresentata più virulenta con dei focolai endometriosici situati nei posti più impensabili. A questo punto, quasi rassegnata, ho provato la sensazione che non mi sarei liberata di questa malattia e che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita.
 
Oggi ho capito che questa “subdola malattia” non ti molla facilmente ma decide di farsi viva e presentarsi quando più le fa comodo. Si porta via una parte di te non solo fisicamente ma anche psicologicamente: voglio convincermi però che l’unica soluzione per sconfiggerla è non mollare e guardare avanti con positività e ottimismo (a parte i momenti di sconforto che di tanto in tanto riafforano).
 
Le cicatrici, non solo fisiche ma sopratutto quelle dell’anima, mi ricordano che sono stata ferita nel mio “io” ma che con forza e volontà posso rialzarmi migliorando la qualità della mia vita non solo nel corpo ma anche nella mente. Oggi devo effettuare periodicamente dei controlli e non è da escludere l’ipotesi di una terza operazione.
 
Spero di cuore che prima o poi l’endometriosi venga riconosciuta come malattia sociale e che le donne che ne sono affette siano pienamente tutelate, sostenute e soprattutto capite.
 
Sono fiduciosa nella ricerca e molto favorevole per i gruppi di incontro che vengono organizzati nelle città (mi dispiace davvero molto che a Bolzano non ci sia un gruppo per ritrovarsi e condividere assieme esperienze e speranze).
 
L’augurio per il nuovo anno che dedico a tutte noi è di vivere serenamente, di continuare a sognare e sperare che un giorno l’endometriosi sia solo un brutto ricordo.
Con simpatia e affetto
Tatiana
Ciao Tatiana … scrivi in un modo molto “tranquillo” e nonostante il contenuto della mail, è stato un piacere leggerti.
Hai detto giusto … la parola “endometriosi” fondamentalmente è tutto quello che sono riuscita a dire in quella trasmissione ma è bastato affinchè tu e altre ragazze veniste a trovarmi su questo blog. E ne sono tanto contenta, perché so cosa significa per tutte noi condividere e confrontarsi.
Io spero che le vostre testimonianze, così maledettamente uguali tra loro possano fare come le “gocce cinesi”.
Una goccia dopo l’altra spero che aprano una voragine e che pian piano a livello sociale questa malattia diventi sempre più conosciuta e riconosciuta.
Trovo che la nostra condizione, così come la raccontiamo sia VERGOGNOSA. E non siamo noi quelle che si devono vergognare.
Si devono vergognare le persone che potrebbero fare qualcosa per aiutarci e non lo fanno.
E’ vero … le malattie ci interessano solo quando siamo colpiti da vicino … è normale … non siamo contenitori di sapere scientifico, ma mi rammarica molto che nessuno veda un interesse economico in noi. Proprio oggi, in questo mondo dove tutto gira intorno ai soldi.
Non esiste un farmaco specifico per noi. Non esiste neppure una pillola dedicata a noi.
Non esiste un sistema preventivo, non esiste un’alimentazione “dedicata”.
Non esiste un’esenzione per le nostre cure. Non esistono risposte.
E tutto questo contribuisce a farci rimanere in ombra.
Continuo a scrivere mail a giornalisti … ogni volta cambio il testo  … perché c’è quello che vuole leggere dramma-speranza, quello che vuole leggere dramma-lietofine, c’è quello che vuole un argomento conosciuto, quello che è disposto a chiamarti in studio solo se la tua storia parla di adozione.
In fondo come sono stati gli articoli usciti finora? “UNA COSA E’ CERTA ! GUARIRE SI PUO’’!”
“SCONFIGGE L’ENDOMETRIOSI! MAMMA RACCONTA”.
E sono proprio queste le cose che mi fanno cadere le braccia ogni volta … dopo tanta fatica …
Vorrei che i nostri sforzi contassero qualcosa. Vorrei che uscisse la VERITA’. L’INFORMAZIONE.
Fino a quando si parlerà poco e male dell’endometriosi … non otterremo benefici e non sarà fatta informazione.
L’informazione con tanta fatica continuiamo a farla noi PAZIENTI … perché sono certa che i volantini che hai trovato nella sala d’aspetto del tuo dottore li ha messi una donna affetta da endometriosi.
E come vedi alla fine … tutto torna a noi …
Una donna con quel gesto, ti ha teso una mano.
Come saprai sono associata all’APE e tantissime “apine” come me, appena possibile lasciano volantini nelle sale d’aspetto dei consultori, degli ambulatori, dei posti frequentati da donne.
Sono contenta che tu abbia voglia di tendere la mano a tua volta. E’ così che deve essere. Non si può solo “prendere” nella vita … soprattutto in questo campo, in cui noi stesse siamo così importanti per noi stesse.
Spero che qualche ragazza di Bolzano e dintorni ti contatti. Spero che possiate conoscervi e fare qualcosa nella vostra bella città per tutte le altre donne che hanno bisogno di voi.
Veronica