Ciao Veronica, navigando su internet mi è caduto l’occhio sulla parola Endometriosi che mi ha portato a consultare il tuo sito. “Endometriosi”, un termine che da tempo ho rimosso ma che ogni tanto cito in occasione di visite ginecologiche o ecografie. Io ne sono affetta ma la mia storia travagliata ha avuto un esito positivo. Circa 20 anni fa, all’età di 21 anni, sono stata ricoverata d’urgenza perchè da qualche mese, in prossimità del ciclo mestruale, rimanevo piegata in due da dolori lancinanti al basso ventre. Essendo in un difficilissimo periodo della mia vita causato da una disgrazia in famiglia, prestavo poca attenzione alle piccole avvisaglie del mio stato fisico, ad esempio la stanchezza cronica o il rialzo di temperatura corporea, che attribuivo ad una sorta di apatia subentrata. Finchè, come accennato, in preda ad una crisi di dolore un’amica riuscì a convincermi a consultarmi con il medico curante per cercare la ragione di quei malori che, erroneamente, attribuì al colon. Sempre con l’appoggio dell’amica decisi di sottopormi a visite specialistiche iniziando da quella ginecologica che da tempo non facevo, così al primo appuntamento con il ginecologo che aveva lo studio all’interno dell’ospedale, durante la visita, seduta stante mi fece trasferire al pronto soccorso dove nel giro di qualche ore mi visitarono ripetutamente facendomi un’infinità di esami ed ecografie. Era la prima volta che mi ritrovavo in ospedale e nessuno mi diceva nulla, mi sentivo spaesata e totalmente nelle mani di sconosciuti. Conclusione: dopo 2 mi ricoverarono nel reparto ginecologico. La diagnosi era sconosciuta o, meglio, ingannevole: sembrava ci fosse un attacco di appendice in atto ma nello stesso tempo l’ecografia mostrava una grossa ciste di colore bruno. Il primario mi disse che l’unica cosa da fare era intervenire chirurgicamente per capire il problema. Mi sono fidata, ero giovane e, come raccontavo, in una fase apatica. Due giorni dopo ci fu l’intervento della durata di 4 ore.
Quando ripresi coscienza e dopo 4-5 gioni fui in grado di scendere dal letto il primario mi accolse nel suo studio e mi raccontò l’intervento:
asportazione dell’appendice, ciste endometriosica, annesso sx, buona parte dell’annesso dx e qualche tratto delle tube. Mi disse chiaramente che la situazione trovata era critica e che se fossi capitata nel reparto chirurgia mi avrebbe asportato tutto ma per mia fortuna il reparto era ginecologico e il primario un obbiettore di coscienza con 4 figli pertanto, vista la mia giovane età, hanno preservato una parte di ovaio per darmi una lieve speranza di procreazione in futuro. Iniziai subito una terapia ormonale che tenesse a riposo l’ovaio per 6 mesi dopodichè, terminata la terapia, ricomparve il ciclo mestruale che ogni mese si ripeteva con regolarità.
Verificammo anche che ci fosse ovulazione e l’esito fu positivo. Dopo un annetto conobbi la persona che attualmente è mio marito: prima ancora di iniziare una relazione spiegai a lui le mie vicessitudini e delle poche possibilità di poter avere dei figli. Nonostante lui amasse moltissimo i bambini mise in primo piano l’amore che aveva nei miei riguardi accettando il rischio che la nostra unione poteva non generare dei figli. Dopo due mesi dalla nostra relazione rimasi incinta con grande meraviglia nostra e del mio ginecologo. Purtroppo la gravidanza non andò a buon fine e fu segnata da un aborto spontaneo intorno alle sedicesima settimana. A 7 mesi dall’aborto rimasi nuovamente incinta ma questa volta il mio ginecologo prese qualche precauzione in più prescrivendomi delle iniezioni, abbastanza dolorose, che potessero, per i primi quattro mesi di gravidanza, sostenere la carenza di ormoni prodotti dall’unico frammento di ovaio che mi era rimasto. Non era certo che mi servissero realmente ma era, come già citato, una preucazione, un tentativo in più per il buon esito della gravidanza. E fù proprio così:
nacque il mio bimbo con parto naturale, vivacissimo e in perfetta forma. La gioia fu immensa: ero diventata mamma ma soprattutto inconsapevolmente avevo vinto una battaglia. Ma non è ancora finita: dopo poco più di un anno rimasi nuovamente incinta e ricominciai con le iniezioni fino al 4° mese di gravidanza ma purtroppo ebbi una rottura precoce delle acque e dopo un mese di ricovero ospedaliero dovetti subire un aborto clinico (un parto vero e proprio con tanto di dolori e contrazioni accentuate dalla consapevolezza che non sarebbero svaniti con la gioia di una nuova vita) che mi segnò parecchio. Mi chiusi nel mio dolore sforzandomi di essere presente con mio figlio che aveva sofferto parecchio per il mio distacco in ospedale ma non appena mi ritrovavo sola cadevo in depressione e soprattutto cercavo di capire se le ragioni di ciò che era avvenuto erano da attribuire alla mia malattia, nonostante sia i medici che le ostetriche (ormai mi conoscevano bene) mi convinsero che non vi erano colpe bensì una sorta di legge della natura. Ero parecchio giù di morale e il mio unico pensiero, cosciente del rischio che correvo, era di riprovarci ancora! Quella creatura spentasi ma partorita con tanta sofferenza non poteva essere sostituita ma, sebbene avessi già un bimbo e un marito a riempire la mia vita, il desiderio di una nuova vita che alleviasse la sorta di lutto provato era molto forte, così come la voglia di lottare. Ricordo ancora l’impazienza di attendere la “quarantena” consigliata dai medici.
Fortunatamente gli eventi quotidiani pian piano mi risollevarono e decisi anche di intraprendere un nuovo lavoro. Il brutto ricordo si affievolì e dopo un anno e mezzo partorivo la mia secondo genita, anch’ella sana e vivace. Sono passati diciannove anni dall’intervento che avrebbe dovuto privarmi di mettere al mondo i miei figli invece sono una mamma felice di 3 figli e, nonostante le disavventure, oggi dico anche che sono stata fortunata. La mia tenacia e voglia di lottare poco sarebbe servita se quel fatidico giorno fossi finita nel reparto chirurgia! Ringrazio i medici che quel giorno hanno voluto tentare/rischiare/lasciarmi una possibilità di divenire madre.
Questa è grosso modo la mia storia Veronica. L’avevo accantonata per non parlarne, per non soffrirne, per averla superata ma osservando l’impegno e la solidarietà che offri alle donne affette da endometriosi mi è venuta dal cuore la voglia di raccontarmi.
Un augurio di speranza a tutte le donne e un grazie particolare a te.
Mary
Mary come vorrei abbracciarti. Abbracciarti per ringraziarti di averci raccontato la tua storia che a differenza delle altre, è una storia da guardare voltati indietro, con uno sguardo nel tuo passato.
E abbracciarti per trasmetterti il calore di un abbraccio dato da donna a donna. Non sarò madre ma il dolore che hai provato l’ho trovato ingiusto, come è ingiusta la vita.
Nella sfortuna, come dici tu, sei stata fortunata ad essere stata seguita da un dottore che ha preservato la tua capacità di essere madre di pancia. Sicuramente un’ottima madre.
Grazie, grazie davvero per aver diviso con noi questa parte della tua vita.
Veronica