Ciao cara Veronica ecco la mia storia… Ad un mese dai primi due interventi, uno ad una settimana dall’altro, chiesi al mio ginecologo il perché di quella devastazione che aveva trovato dentro alla mia pancia. La sua risposta fu lapidaria: “La tua è soltanto sfiga… Starai bene quando morirai”. Molto “rassicurante” e soprattutto “ottimista”…. Poi mi lancio un opuscolo dicendomi di leggerlo, che lì avrei trovato la spiegazione della mia malattia. Non ebbe nemmeno la gentilezza di spiegarmelo lui. Quelle furono le prime informazioni che appresi sull’endometriosi, tutte le altre ebbi perché le subii sul mio corpo. Altri quattro interventi sempre più devastanti e oltre ad un pezzo del mio corpo mi sembrava che mi portassero via un pezzo della mia anima. Altri medici in ospedali di città di diverse: Padova, Bologna, Milano, Negrar. Alla ricerca che qualcuno mi togliesse quel dolore lacerante ma anche di un medico che mi dimostrasse umanità e che mi guardasse negli occhi mentre gli rivolgevo i miei perché e mi rispondesse senza evadere ad essi…
Ciò che trovo molto triste è che oltre a dover convivere con questa malattia, noi donne affette da endometriosi ci dobbiamo spesso difendere e giustificare per il nostro dolore perché non veniamo credute, e passi se è un conoscente, un collega, un datore di lavoro, ma quando a non crederti è il medico che ti ha in curo o peggio le amiche, i familiari, il compagno, il marito, il mondo ti crolla addosso, ti senti sola e sbagliata. Per questo è molto importante l’Associazione Progetto Endometriosi, dove ho trovato donne forti con esperienze di sofferenza in comune, ma che la usano per fare in modo che ciò si ripeta sempre meno in futuro. Ho trovato amiche con le quali sono riuscita a sentirmi subito capita ed accettata per i miei limiti, e con le quali si riesce a ridere anche dei momenti più duri.
L’endometriosi ha rallentato la mia vita, a volte l’ha anche fermata, ma vado avanti NONOSTANTE il dolore che continua, la stanchezza, le umiliazioni subite, le rinunce… Per la parte più pura della mia vita che sono i miei nipoti, per gli occhi del colore del mare in tempesta di mio fratello in cui leggo le parole non dette e la sofferenza quando vedono me soffrire, per il sorriso di mia cognata, più che una sorella, che ha cercato di trovarmi il fidanzato anche in terapia intensiva, non c’è l’avrei fatta senza di lei, per i strani personaggi che sono le mie amiche di sempre che mi hanno capito. E soprattutto per me perché amo la vita e perché io sono molto di più della mia malattia.
Grazie di cuore per tutto quello che hai fatto e che stai facendo, per tutte noi donne di oggi e di domani.
Un forte abbraccio,
Alessandra
Sono molto belle le tue parole e sono contenta che tu abbia trovato nell’APE Onlus il sostegno prezioso di cui avevi bisogno. Continuo a pensare che le donne debbano sopportare dei grandi pesi. Non sono una di quelle persone che trovano un perché in tutto, non ti dirò mai che se “sopporti grandi pesi è perché hai la forza per poterlo fare” … personalmente in questo tipo di accettazione sono ancora molto indietro; sono ferma alla rabbia … diciamo così!
Ti sento però forte e sentirti dire che sei molto di più della tua malattia mi fa pensare che tu riuscirai a svegliarti con il sorriso, nonostante tutto. Coraggio.
Vero