Ciao Veronica,
Circa un anno fa ti scrivevo di come l’endometriosi mi aveva aiutata a vedere il mondo con occhi diversi, a prendermi il mio tempo, ad apprezzare davvero le cose belle della vita.
Come mi sento stupida adesso a rileggere quelle parole. Hai presente quando i bambini si entusiasmano per un animaletto? Hanno quell’espressione elettrizzata che non ho mai visto in un adulto. Ecco io ero così.
Sono da capo. Aspetto le ultime visite a Negrar, per un intervento che farei domani, ma che al solo pensiero mi terrorizza. A 6 mesi dal primo intervento ho ricominciato a giocare a basket, mi sentivo rinata. Poi dopo un paio di mesi ho mollato, non reggevo lo sforzo. Questa forse è stata la molla per cercarmi una nuova “identità”, ho intrapreso la strada del volontariato con l’a.p.e. facendo poi informazione proprio durante le partite del mio amato sport. Parlare con la gente, distribuire volantini, condividere mi ha dato forza. La forza di credere che magari tra un decennio una ragazza da qualche parte avrà una vita diversa dalla nostra. Non si sentirà diversa, sola o imbarazzata. Volevo e voglio credere nella ricerca e nel progresso. Perchè progresso per noi è non metterci 10 anni per diagnosticarla. Progresso è anche far capire quanto questa misteriosa malattia sia socialmente invalidante.
Ecco, credo che sia questa la forza del volontariato, condividere qualcosa, in questo caso forse la speranza.
Ogni volta mi sento arricchita da quelle esperienze, poi a casa, quando tutto è finito e ripenso a quegli sguardi il petto mi esplode e la gola si sringe.
Una volta in un telfilm scherzavano ironicamente sul fatto che ognuno porti con sè uno o più bagagli con sù scritte le cose che ci caratterizzano. Beh una donna con endometriosi si distingue se la guardi attentamente, ha un bagaglio con sù scritto bello grosso “TRISTEZZA”, quella tristezza che leggi nel suo sguardo se la osservi quando è distratta. E poi ha un bagaglio a mano, uno zainetto, in cui tiene con sè tutta la propria “FORZA”. Quella forza che non vedi, anzi che a volte è scambiata per piagnisteo, per esagerazione, ma che invece la contraddistingue nei suoi gesti.
Poi, proprio quando sentivo la mia vita ricominciare, eccoli di nuovo quegli inconfondibili strazianti dolori davanti ai quali a stento riesco a non svenire. Da capo. Non so mai come e quando arrivano, ma di certo non perdonano il mio stile di vita. Ogni volta che mangio seleziono quel piatto, come se fosse un piatto di endometriosi. Mentre le mie giovani amiche “lievitano”, io mi sento affamata anche nella vista, e ricordo con nostalgia i tempi in cui non mancava neanche lo spuntino di mezzanotte, quando mi godevo un gelato o una bella grigliata di maiale.
L’endometriosi mi umilia. Devo sempre avere un wc a debita distanza. Provate a dirmi che non è nulla, e quando ve la sarete fatta nei pantaloni durante un aperitivo con i Vostri amici mi direte se è vero. Mi vergogno profondamente di far vedere questa me agli altri. Vorrei sparire a volte.
Vado abitualmente da una psicoterapeuta, non posso pensare in questo momento di farne a meno. È un fardello troppo grande da portare da sola.
Sola. Sola. Sola. Non ho nessuno che mi ami, forse perché non mi amo più nemmeno io. Ho perso una marea di amicizie. Ma quelle vere non mi lasciano un secondo. Vivevo sola e ora ho paura. Di cosa poi… Eppure riesco a dormire solo nella mia vecchia stanza che confina con quella di mia mamma. Sono una che ha viaggiato, ora ci sono giorni in cui mi sento un’ameba, che usa tutte le energie che ha per lavorare. Ogni volta che lascio il posto di lavoro costretta dai dolori è una sconfitta. Quindi piuttosto me ne sto lì a soffrire, ostentando un sorriso, dimostrando a me stessa una parvenza di normalità. Sono arrivata ad un punto in cui il mio lavoro è il momento migliore della mia vita.
Ho 26 anni, il mio aspetto si scontra con la mia testa. Ne dimostro 20 e ho la testa di una trentacinquenne. Prima invidiavo le uscite delle amiche, le feste, la discoteca, ora invidio coloro le quali magari senza desiderarlo hanno avuto un bimbo o una bellissima bimba. In 2 anni sono cresciuta troppo in fretta.
Passo da momenti di “depressione” a momenti di rabbia. Ma non ho nessuno che si chiami Endometriosi da poter prendere a pugni.
E poi c’è stata, la richiesta di invalidità, un riconoscimento dato e non dato, che di fatto ammette il disagio ma nega ogni aiuto. Un gesto che ritengo personalmente che ognuna di noi dovrebbe fare però, perchè se siamo 3 milioni di donne e tutte fanno questa richiesta, siamo così sicure che rimarremmo per sempre nel silenzio?
Come forse ti scrissi, un figlio è sempre stata l’unica cosa certa che volevo dalla mia vita. E adesso la vedo sempre più lontana. Avevo prenotato un viaggio in america per quest’estate, che ho dovuto disdire a causa della salute, rimettendoci parte della caparra. Così mi sono trovata a fare le vacanze con mia mamma, per carità, che mi capisce come nessuno forse, e che dice si vorrebbe accollare tutto il mio dolore, ma a 26 anni avevo altri progetti. Sono tornata a fare le vacanze dove le facevo da bambina. Era pieno di bambini. Uno più bello dell’altro. Non sono una che va in chiesa, ma ogni giorno mi sono messa ad andarci, per vedere se da lì Dio mi sentiva, perchè francamente a volte penso che si sia girato dall’altra parte o che sia solo una “consolazione” inventata dagli uomini disperati per credere ancora in qualcosa. Poi mi dico che se stiamo “litigando” è perchè abbiamo qualcosa da dirci, altrimenti non mi arrabbierei nemmeno, giusto?
Non so dove siano finiti il mio spirito ottimista e buona parte della mia personalità. Lamentarsi non serve. Quindi cerco di vivere alla giornata e apprezzare ogni minuto di pseudosalute, senza riempirmi di lacrime quando sono al parco e vedo i bambini giocare. Sono sicura che così non sia giusto. Da quando so di avere l’endometriosi metto da parte ogni centesimo perchè voglio un figlio. Ora però mi chiedo se sia giusto, rinunciare a qualche piccola gioia per un sogno che un giorno potrei dover accettare che non si realizzi. Devo pensare a me stessa adesso, forse devo essere egoista, sono certa che un perchè a tutto questo debba esserci, per ognuna di noi.
So che non ami pubblicare il seguito delle storie, e a dire il vero ti scrivo, perchè , dopo sei mesi che lo avevo acquistato ho trovato il coraggio di leggere il tuo primo libro. L’ho letto tutto d’un fiato. Pensa, lo avevo messo in un cassetto perchè non mi sentivo pronta per leggerlo.
Non la volevo leggere quella parola. “Endometriosi”. Persino il suono di questa parola fa pensare a qualcosa di disastroso, di catastrofico.
Però forse è proprio condividendo i propri disastri che si spera in futuro non si ripetano. O forse condividendoli ci sentiremo per un attimo più leggere di quei bagagli e quegli zainetti che ci portiamo dietro.
In fondo al cuore forse sogno ancora di giocare a basket mentre la mia bambina fa il tifo da fuori e un tavolino dell’a.p.e. fa informazione all’intervallo della partita.
Sei una grande donna, volevo dirti solo questo!
Un abbraccio
Sara
Sara io penso una cosa. Penso che a volte perdiamo di vista la dimensione “spazio-tempo” e ci sembra che qualcuno con una grande bilancia debba per forza OGGI fare un bilancio di quella che è la nostra vita. Ma, va bene vivere al presente come dico sempre di fare … ma non pensando che non ci sarà un domani, che non ci saranno opportunità, che non ci sarà un nuovo amore, un bambino, anche due, un altro intervento magari, ma che ci farà finalmente vivere senza dolori.
Hai 26 anni ed è doveroso per me dirti questo, ma te lo direi anche se tu avessi 50 anni, perché la vita a volte precipita e tutto può cambiare. In bene e in male.
Auguriamoci e concentriamoci su ciò che cambierà in bene. Siamo pronti ad accogliere i cambiamenti e passare da giocatrici di basket a spettatrici di basket. Senza troppi tormenti, senza troppi rimpianti. Apri le porte, aprile tutte e fai entrare tutto quello che di buono c’è!
Un abbraccio
Vero