659) Storia di Cristina e Alessandro

La nostra storia d’amore è nata con l’endometriosi. Cristina veniva da un periodo nero: dopo aver scoperto di avere questa malattia invalidante è rimasta sola, nel momento in cui aveva più bisogno di sentirsi amata.

Quando ci siamo conosciuti cercava di mostrare al mondo quanta energia avesse ancora in corpo, di far vedere che l’endometriosi non la poteva mettere ko. Sorrideva ma nei suoi occhi mi colpì uno strano velo di malinconia.

Ci siamo iniziati a frequentare e ho capito che quella non era solo malinconia. Ma anche rabbia. Verso la malattia, in un percorso di accettazione che ancora non poteva essere iniziato. Ma anche verso chi l’aveva abbandonata nel momento più difficile della sua vita.

Quando ci siamo conosciuti eravamo giovani, io 27 anni e lei 22. Era un caldo mese di luglio e come ho già detto a farci “compagnia” ci fu l’endometriosi. Cristina temeva che questa cosa potesse allontanarmi da lei, in realtà è qualcosa che mi ha fatto capire quanto speciale fosse.

Mi ha sempre dimostrato una forza di volontà fuori dal comune. Certo, i momenti di difficoltà e debolezza ci sono e spesso mandano il morale sotto i tacchi. Tre mesi dopo il nostro primo bacio ero all’ospedale, accanto a lei appena uscita dalla sala operatoria. Quando magari avevamo programmato una giornata insieme spesso dovevamo stravolgere tutto per le fitte alla pancia. Insieme abbiamo peregrinato da un dottore all’altro, da un ospedale all’altro. Tanti, tantissimi momenti difficili.

Ma di una cosa sono certo: non sono mai stato così felice e innamorato in vita mia. Mi sento un uomo fortunato ad aver trovato una donna così, forse senza endometriosi tra i piedi il nostro rapporto non si sarebbe cementato in così poco tempo.  Nel tuo libro Veronica si parla di endometriosi come malattia che fa scappare gli uomini. Per me l’endometriosi, invece, unisce le coppie. Quelle che provano il vero amore, quello con la A maiuscola, quello che ci fa affrontare i momenti belli e quelli brutti sempre uno accanto all’altro.  Chi lascia una donna per la sua malattia lo fa come corsia preferenziale per rompere una relazione addossando colpe e responsabilità a quelle della propria compagna. Un gesto semplicemente vile.

Abbiamo spesso parlato del nostro futuro insieme, della possibilità di non avere dei figli. Per due ragazzi così giovani non è facile affrontare certi argomenti, anche se l’endometriosi quasi ti costringe a farlo. Non puoi fare finta che non ci sia. La pancia di Cristina è sempre un segnale di allarme, ma anche a livello psicologico non è semplice fare i conti con questa malattia. Ti sbatte in faccia ogni momento che lei c’è e non puoi fare finta di non vederla.

L’endometriosi ci ha fatto crescere e maturare più in fretta di altre coppie. Le rinunce, i sacrifici, la sofferenza che normalmente la vita ti obbliga ad affrontare nel passaggio dall’adolescenza alla vita da adulti per noi è arrivata prima degli altri. Ma non ci spaventa e, anzi, ci godiamo ogni singolo momento insieme come qualcosa di speciale e unico. A volte ho paura. Cerco di non mostrarle le mie insicurezze, cerco di non farle vedere quanto sia in pensiero per lei quando sta male. La vorrei proteggere ogni istante, ma allo stesso tempo se lo facessi continuamente finirebbe per sentirsi soffocata da me. E allora sì che la malattia sarebbe un enorme ostacolo tra di noi.

I nostri sogni sono ancora tanti. Un futuro insieme, una casa tutta nostra, il matrimonio, i viaggi. Viviamo giorno per giorno, tra serate in compagnia con gli amici, cene sul mare d’estate, passeggiare nei boschi in montagna. Ci prenderemo tutto quello che il destino vorrà darci e se ci sarà bisogno nei momenti difficili ci aiuteremo a vicenda. Sempre insieme, uno accanto all’altro. Uniti anche nella battaglia contro l’endometriosi.

Alessandro

 Immaginarvi è molto bello. Traspare serenità e ottimismo. Sarà quel che sarà, ma di sicuro sarete sempre insieme. E questo è già un dono meraviglioso.
Grazie Alessandro per la vostra testimonianza.
Vero

 

640) Storia di Luca e Giulia

Ciao Veronica, mi chiamo Luca, ho 31 anni, e da quattro sono sposato con Giulia. Lei “soffre” di endometriosi da molto prima, anche se fino al 2008 nessuno le ha mai creduto e dato importanza a tutto quel dolore che provava.

Purtroppo abbiamo dovuto acquisire consapevolezza da noi stessi, “a tentoni”, passando da ospedale in ospedale, da clinica in clinica, da ginelocolo in ginecologo. Ora direi che abbiamo acquisito un certo bagaglio in materia, anche se i problemi non si son certo risolti.

Abbiamo passato momentacci indimenticabili assieme e passo dopo passo abbiamo sempre cercato di mantener alta la testa puntando lo sguardo verso tempi migliori.

Di recente ho letto entrambi i tuoi libri e devo dire che hai fatto un lavoro grandioso, il passaparola della gente sicuramente aiuterà molte ragazze che sino ad oggi si sono trovate nella nostra situazione così come quella di tantissime altre donne che non sono state seguite adeguatamente da chi di dovere.

Mi fa piacere che nel secondo libro fai ampio riferimento anche al mondo maschile che di certo non può essere escluso da questa patologia.

Per quanto mi riguarda posso affermare che l’endometriosi non è assolutamente una malattia che fa fuggire gli uomini, anzi a mio parere rende ancor più vicina ed affiatata una coppia, aumentando in un certo senso il “dovere” di uomo nel stare accanto ed accudire la propria donna in maniera sicuramente maggiore rispetto alle coppie cosidette “normali”. Di sicuro se ci son persone che riescono a lasciare qualcuno perché “malato” lo fanno solo in quanto non in grado di dire la verità… sinceramente la vedo soltanto una scusa, un pretesto, una via di fuga più facile e di sicuro più sgradevole.

Ti dirò, non è per nulla facile a volte… abbiamo rinunciato a programmare ogni cosa, non hai idea di quante volte ci siamo trovati a dover stravolgere un programma all’ultimo momento, annullare un viaggio o peggio ancora dover abbandonare una vacanza già iniziata.

Mi ricordo una volta, qualche anno fa’, quando eravamo ancora fidanzati, io e lei in Croazia a Lussino, un paio di giorni splendidi e poi di botto il “down”, lei sviene per i dolori, io subito in panico per la situazione, poi la carico di peso in macchina e la porto nel primo ospedale che trovo.. forse sarebbe stato meglio tirar dritto fino a casa.. Comunque va bhe, devo dire che finora non sono ancora riuscito ad annoiarmi, abbiamo passato proprio delle “belle”avventure…

Di figli per il momento ancora niente, due aborti, dei quali l’ultimo ancora un tasto dolente, ma per fortuna abbiamo dalla nostra due splendidi cani, un cavallo e delle famiglie meravigliose.

Gli interventi li lasciamo al passato, speriamo sinceramente che il futuro ci eviti di dover ricordarli di nuovo, meglio gurdare in avanti… tu verso la tua barca a vela, io verso la mia moto e Giulia verso il suo cavallo.

Sono senz’altro tutte le piccole cose che ci circondano che ci danno il coraggio di andare avanti apprezzando i momenti migliori della vita.
Luca

E’ sempre un piacere ricevere le testimonianze dell’altra metà dei nostri mondi.
Ed è sempre confortante sapere che ci sono compagni eccezionali di vita che sanno starci vicine con amore e tanta pazienza.
Grazie a nome di tutte noi, di quelle che un compagno eccezionale l’hanno già al proprio fianco e da parte di quelle che invece lo stanno ancora aspettando.
Vero

608) Storia di uomini e endometriosi

ENDO CHE?

 Questa non è una storia per affermare quanto io sia bravo per stare da due anni con una persona malata da una malattia invalidante, che t’impedisce di avere figli, che provoca dolori allucinanti e che colpisce la femminilità, in tutti i suoi molteplici aspetti. Se mai brava è lei, che sopporta tutto questo.

Queste poche righe vorrebbero essere un contributo informativo su una malattia sconosciuta ma della quale sono affette 3 milioni di donne italiane, arricchite dalla mia esperienza personale nel stare a fianco di una persona che nonostante tutto, cerca e vuole fare una vita normale. Solo questo.

Nella tragedia, nel dolore, le persone ricercano semplicemente quello che avevano una volta, la normalità.

La ricerca della tranquillità, non è mediocrità ma solo desiderio fortissimo di tornare a vivere, come fanno parzialmente, sarebbe più giusto dire infatti che sopravvivono, fra un dolore e un altro ancora.

Lei aveva questi dolori quando io già la conoscevo ma la diagnosi di endometriosi, c’è stata di fatto solo qualche mese fa.

Aderenze di tessuti a organi che stanno dove non dovrebbero, cisti a utero e ovaie, con gravi difficoltà a figliare, dolori da contorcersi, tentativi disperati di ricorrere a tutti gli analgesici del mondo, ricerca di cibi salutari. Questa è l’endometriosi.

Prima di lei, non ne avevo mai sentito parlare, so solo che la diagnosi è stata tardiva e che nel frattempo la malattia è progredita.

La prospettiva peggiore è un’operazione, delicatissima perché le sue aderenze nel frattempo sono arrivate fino all’intestino, la migliore, attenuare i dolori con pillole o anelli ormonali. La migliore, perché la malattia è cronica.

Basterebbe ciò a disegnare un inferno ma non è finita.

I dolori possono arrivare in qualsiasi momento, dovendo rimandare così impegni più o meno importanti, non si sa mai cosa mangiare, di certo non si possono bere alcolici e assumere tutto ciò che infiamma, si passano ore al bagno a causa di coliche e diarree, si perde peso e si ha una stanchezza cronica. Di fatto è una malattia invalidante e il fatto che lo sia stata riconosciuta da poco è una aggravante soprattutto per medici non aggiornati nel migliore dei casi, inesperti o peggio ancora che accusano le pazienti di esagerare o che le trattano con psicofarmaci.

Non nascondo che l’estate scorsa a diagnosi ancora non pervenuta, abbiamo passato un mese di vacanza spensierati e senza che lei avesse dolori e allora anch’io che le voglio bene e dovrei conoscerla meglio di chiunque altro, ho pensato fosse un fatto di testa. Ho creduto fosse stress o peggio ancora.

In realtà dopo la diagnosi ho scoperto che lo stress è una componente ma non determinante così come il cibo. In sostanza quando decide di venire viene e non si sa perché. Agghiacciante, disumano anche perché, pur operata può ritornare, perché impedisce di avere figli e pure per paradosso, qualora si riuscisse a restare incinta, quei nove mesi sarebbero gli unici senza dolori.

Si capisce perché è un dramma tutto al femminile e per questo probabilmente, non considerato, come nella nostra società maschilista, lo sono da sempre le donne.

Alcune poi, per i dolori non riescono nemmeno ad avere rapporti sessuali.

In questi scenari, noi ci rientriamo quasi in toto.

Quello che mi sforzo di farle capire è che l’eroe è lei che sopporta tutto questo, riuscendo quando non ha  dolori o stanchezza, a fare una vita  abbastanza normale.

Si esce, si condividono progetti o interessi culturali, si va in vacanza, si fanno tutte le cose da coppia, solo stando più accorti.

Quei momenti in cui sta bene ci ripagano di tanta sofferenza.

Per me non è ne fatica ne eroismo starle accanto: è un piacere. Nel bene e nel male perché quando uno ama, guarda alla persona in toto e non a compartimenti stagni.

L’unica cosa a cui prestare attenzione la devo avere nel non essere petulante e ho imparato a non ingigantire i miei problemi a fronte della difficile situazione che lei vive, perché è vero che siamo in due ma purtroppo la malattia è tutta personale, quasi in condividibile.

In realtà l’aspetto più difficile a fronte di questa Odissea è per me questo, a volte inevitabilmente c’è il serio rischio di finire in secondo piano ma tutto ciò è fin troppo comprensibile, tutto sta nel sentirsi compresi nei rari momenti di relax.

I miei amici e i suoi, ne sono stati tutti avvertiti e chi non capisce, prima o poi  dovrà renderne conto, davanti allo specchio che sbatte in faccia sempre e comunque la verità: una malattia invasiva,cronica e invalidante e che perciò condiziona la vita pratica.

Molti per fortuna non tutti, restano stupiti, alcuni potrebbero allontanarsi, non capire o quello che per me rimane il peggiore degli atteggiamenti, continuare a comportarsi normalmente, come se nulla fosse, anteponendo i loro problemi, il loro vivere quotidiano che per carità sarà pure degno di chiamarsi vita e interessante, alla persona malata.

Io ho scelto di vivere con questa persona e di convivere con questa malattia per amore, non cerco medaglie, il rapporto è assolutamente normale, vivo e si basa assolutamente sul confronto, anche su una cosa tanto grave.

Lei ripete che sono l’unico che l’ho veramente capita e questo è decisamente ripagante di vedere la donna che si ama contorcersi o in lacrime.

La diagnosi è troppo recente per poter affermare che abbia accettato quello che le è capitato ma per fortuna oggi ci sono tutti i supporti psicologici per farlo magari cercando di ridimensionare o guardare con occhi diversi tutti gli altri problemi che ci circondano.

Credo che per me sia stato naturale per il mio essere papà, prendermi cura di questa persona, l’amore che provo per lei e la bella testa pensante di questa persona,hanno fatto il resto.

Per lei è un inferno quasi quotidiano ma sa che può contare su di me, il resto viene da solo.

In cuor mio, per lei, sono convinto e speranzoso che migliorerà che tornerà a fare una vita normale, a riavere un po’ di tranquillità: che i dolori si attenuino è auspicabile per ovvie ragioni e indispensabili per abbassare il senso di rabbia e ingiustizia, per poter tornare a sognare di aver un giorno un bambino, per fare sogni o progetti e non più incubi agghiaccianti.

A me però interessa il presente che nonostante tutto vedo roseo perché questo vivere negli ultimi due anni io, lei e l’endometriosi mi ha insegnato che le piccole cose hanno un valore inestimabile, che la differenza anche nel dolore la fa sempre la testa degli individui, che addirittura posso dare un mio contributo quando è in preda ai dolori, o correndo a preparare un analgesico o con un massaggio.

Una volta mi disse “dai scontato che sto sempre male”, e io così ho fatto: le mie attenzioni per lei, così, non solo per il mio carattere, sono diventate quotidiane, dai messaggi,dove comunque sia le chiedo sempre come sta, a quelli meno scontati, come quando nei rapporti sessuali, seguo oramai senza turbamenti i suoi consigli per cercare di non fargli altro male.

Considero questa tra le mie storie più importanti, perché per la prima volta ho capito cos’è il rispetto, mettersi in secondo piano di fronte ai problemi veri e sentirsi comunque tanto amati e ricambiati in ogni gesto.

Andrei via da questa situazione solo per un motivo: se la malattia le cambiasse totalmente il carattere e anche qualora ciò avvenisse, in fondo sarebbe normale, saprei focalizzarmi sull’unica cosa che reputo comunque difficile che avvenga, che per difendersi da tutto e tutti,diventasse cinica,questo forse non potrei sopportarlo, piccola mia.

Scusate devo correre, l’ENDO, è tornata a bussare.

OKI o Toradol, amore, massaggino?

Scusa, lo so che ora non ce la fai neanche a parlare….TI AMO.

 

IL CARCERE

 

Nel carcere del dolore

Provavi un senso d’ingiustizia.

Nel buio della malattia

senti forte la fitta

di chi forse ti toglie la possibilità di essere donna.

Poco o nulla si sa della tua sofferenza,

una pillola, un anello forse magico

e chi crede tu sia pazza,

perfino a volte chi dovrebbe curarti

che ha fatto scorrere tempo, troppo.

Ora le piccole cose e la quotidianità apprezzi

più che mai.

La speranza di essere in tre, non è mai abbandonata del tutto

ma per ora siamo in due.

Cosa posso fare per te?

Correre a preparare una pozione magica,

un massaggio, un ‘accortezza in più.

Nel carcere del dolore,

una speranza di una vita normale

finalmente tranquilla,

ancora insieme.

 

SEI UGUALE A ME 

Guardo l’occhi tua

e vedo la vita mia

quello che vorei

è quello che tu sei.

Stessi sogni

stessa realtà

e quanto è brutto dovè lavorà

co chi invece che pregà

pensa solo a magnà.

Noi avemo studiato

ma sta’ Cupola nessuno mai ha cambiato.

Quante vorte se semo detti te ricordi?

Ne so passati d’anni

ma stamo  sempre senza sordi.

Quante battaglie

quanti amori

se sa

quanno c’hai passione

so gioie e so dolori.

Avemo riso e pure sofferto

ma quer pugno chiuso

ci legherà di più

de un semplice letto.

497) Storia di Andrea

sono un uomo di 37 anni che ha scoperto da pochissimo questa devastante novità e cerca aiuto per affrontarla nel migliore dei modi sentendomi disarmato difronte a una cosa così devastante per una splendida donna alla quale ha cambiato in un batter di ciglia il carattere,il modo di rapportarsi,la vita e che stavo allontanando perchè non sapevo,non conoscevo cosa può portare questa malattia….
Andrea
.

Poche parole ma che bene spiegano il tuo stato d’animo attuale.
Ho detto volutamente “attuale” Andrea perchè la malattia è sempre un percorso.
Se siete nella fase iniziale ora avvertite tutto in modo forte e pesante perchè ancora non si sa come informarsi, dove informarsi e a chi affidarsi. Ma ti assicuro che superata questa fase starete meglio entrambi, sarete più consapevoli e meno spaventati. I tempi purtroppo sono soggettivi, potrebbe servire un lungo periodo come uno breve. Ma non abbiate paura a confrontarvi, aprirvi e confidarvi. Guardarsi dentro serve tantissimo. Solo noi possiamo sapere che strada prendere per tornare a galla. Lasciate aperte tutte le porte. Quelle degli interessi, quelle dei progetti. Avrete forse una vita diversa da quella che avevate sognato insieme, ma se c’è amore come credo, altrettanto bella e degna di essere vissuta. Ti abbraccio
Vero

489) Storia di Mauro

Ciao veronica, mi chiamo Mauro, e ho scoperto di avere l’endometriosi. Te lo scrivo e credimi ho le lacrime agli occhi… Dal 2 novembre avro’ dormito in tutto 20 ore. Sto male, malissimo, e non so come, dove e con chi confrontarmi. Ho iniziato dalla rete, ho scoperto il tuo libro, l’ho ordinato,ed è arrivato solo ieri. Ho approfittato della mia insonnia per leggerlo tutto. Mi ha commosso, e mi ha aperto voragini emotive che non pensavo di poter esplorare. Innanzi tutto, come stai ? Come procede lu tua vita ? E Daniele ?
Vengo a me. Sentiti libera di giudicare me e la mia storia come meglio credi, ma dimmi la tua in maniera franca e onesta, ne ho bisogno. Stamattina ho avuto il mio primo incontro con una psicologa; cercavo aiuto, mi ha confuso molto di piu’…
cerco di essere breve… Agosto 2007, incontro all’estero una coppia di italiani la cui “lei” è piegata da dolori atroci in aeroporto. Per delicatezza non chiedo, ma mi vien detto dal marito che son i postumi di un intervento chirurgico. Durante le due settimane insieme, mai le ho rivolto la parola. A fine agosto invito loro e una coppia di loro amici.
Gennaio 2008 vengono a trovarmi. Scatta l’amore, quello vero, incredibile…
A marzo partiamo io e lei soli per una vacanza di 2 settimane in argentina.
Ci conosciamo, ci confidiamo. Le apro il suo cuore e lei mi apre il suo. Mi parla dell’endometriosi, come di una cosa spiacevole, ma che lei stava combattendo, e mi rimanda alla cina e ai suoi dolori. Nei 18 mesi successivi si è sottoposta ad altri 3 interventi, chiedendomi di rispettare la sua volontà di non spiegarmi nulla, se non quello che sente di volermi dire.
Mi violento, ma mi adeguo. Non una domanda, non un gesto volto alla comprensione. E soprattutto resto nell’ignoranza. Non so cosa sia l’endometriosi.
Vivevamo lontani 1000 km, ci si vedeva poco e male, ma quando ci si vedeva era una festa per i sensi e per l’animo. Non aveva lasciato il marito, anche se il marito sapeva di noi. Cercava un figlio, e il modo piu’ giusto secondo lei era di cercarlo all’interno del matrimonio. A febbraio in seguito al suo quarto intervento ( di cui son stato informato solo il giorno dell’operazione ), le viene detto che non potrà avere figli. Mi chiede di interrompere la nostra storia dicendomi che dovrei cercare di avere dei figli da qualche altra donna… Insiste su questa linea per 10 giorni, ma io l’amo e non mollo. I figli o saran nostri o non m’interessano. Si ritorna alla “normallità “…
Finchè un giorno di agosto mi comunica di aver trovato la forza di lasciare il marito e che la sera lo avrebbe fatto. Detto fatto. L’indomani mi comunica di aver lasciato il marito, e contestualmente e senza motivo senza sintomi senza nulla lascia anche me. Mi chiede di sparire, con educazione ma con fermezza ( è una psicoterapeuta). Da allora non mi ha piu’ rivolto la parola, mi ha solo risposto a qualche sms, dicendomi di star malissimo di vivere un dramma enorme. Una sua amica mi confida che sta male che nessuno riesce ad aiutarla. Mi son trasferito nella sua città qui in Italia( vivevo in Norvegia). per cercare d’incontrala e di starle vicino. Rifiuta ogni contatto con me… Fino al 29 orrobre quando m’invita ad andare un week end fuori insieme a condizione che io non facessi nessuna domanda. Accetto e partiamo. l’ho trovata male, molto male nell’aspetto e nell’animo. E’ stata totalmente ostile nei miei confronti ( per sua stessa ammissione ), ed io ho reagito di conseguenza. Durante quei giorni mi ha confermato di star male per la patologia, per la fine del matrimonio e per una richiesta di adozione rifiutatale. Le chiedo se è innamorata di qualcuno, e lei mi aggredisce sostenendo che chi vive cio’ che sta vivendo lei non riesce ad amare ma solo a soffrire. aggiunge che potrei e dovrei interessarmi a lei e non ai suoi sentimenti, ma ad ogni domanda mi ha sempre detto” non voglio condovidere con te, non voglio che sia tu ad aiutarmi “…
Da allora le scrivo di meno. Lei mi risponde poco e male. Mi ha scritto di odiarmi un giorno e il giorno successivo di volermi vivere in parte e da amico. Poi scompare, non mi risponde piu’. Poi mi dice di voler ripartire per un week end con me, ma all’ultimo momento disdice. Oggi la psicoterapeuta mi ha distrutto, dicendomi che l’endometriosi non è così grave, non porta così tanto dolore e che probabilmente il mio tesoro si nasconde dietro la malattia per non dirmi di un nuovo amore. Ho letto il tuo libro e centinaia di testimonianze, moltissime se non tutte son simili alla tua storia e alla sua reazione. Vorrei aiutarla, ma come ? Come devo approcciarla ? Perchè la psicoterapeuta mi ha detto ste cose ? Cosa devo credere ? A chi devo credere ? perchè non mi parla ? Perchè non condivide con me ? Il suo dolore è il mio. Lo voglio. lo esigo, lo pretendo. Perchè me lo nega ? Non faccio altro che interrogarmi e piangere… Sto male e lei sta sicuramente peggio di me. perchè non farsi aiutare in aulunque modo ? Da una chiacchierata a una serata al cinema. non m’interessa se ama un altro, m’interessa saperla bene e felice. Perchè non posso sapere nulla ? perdona lo sfogo e la fretta. Forse ti saro’ sembrato sconnesso e disequilibrato, in effetti lo sono…
Grazie di cuore del tuo tempo e del libro. Ho rivissuto molto del nostro amore attraverso il tuo racconto. E ho immaginato, purtroppo solo immaginato il dolore del mio tesoro…
Mauro

Ciao Mauro, che storia complessa. E’ sempre un grande dispiacere leggere il dolore dei nostri compagni, mariti, fidanzati.

Se vuoi una mia personale opinione, anche io credo come la tua psicologa, che lei si nasconda dietro la malattia per non ammettere chiaramente di non essere innamorata.

Credo che lei sia confusa, con la paura e lo smarrimento tipico di chi decide di rivoluzionare la propria vita da un giorno all’altro.

Lasciare una vita ed entrare subito in un’altra non è facile e nel vostro caso le distanze non hanno aiutato.

Credo che lei sia fortemente arrabbiata e delusa per come sono andate le cose, per la malattia, gli interventi, la domanda di adozione rifiutata e per quella che è una grande incognita per tutte noi, ovvero il nostro futuro.

L’unica cosa che non condivido con la tua psicologa è il fatto che “l’endometriosi non porta così tanto dolore”.

Ne porta tanto eccome. Forse non a tutte noi, non in modo uguale per fortuna, ma ci sono donne come la tua che ne sono devastate, nella propria femminilità, nel proprio corpo, nei propri sogni.

Se poi la loro endometriosi è dolorosa e devono farci i conti ogni santo giorno, capisci anche tu che non è così facile essere ottimiste.

Vorrei che tu leggessi “CondividEndo”, il mio secondo libro, se mi dai l’indirizzo te lo regalo io. All’interno ci sono testimonianze di psicologhe ma anche di quelli che sono i nostri compagni.

Credo che tu possa trovare qualche risposta in più e possa aiutarti un pochino a comprenderla meglio.

Se fossi la tua compagna, perchè così amo definirla,  forse in questo momento vorrei solo sapere che in caso di bisogno tu ci sei, ma per il momento, a distanza, lasciandomi libera di ricostruire a poco a poco la mia vita e di capire meglio cosa voglio e chi voglio vicino nel mio futuro.

Ti abbraccio Mauro, grazie per la tua toccante testimonianza.
Vero

Endometriosi di Fabrizio

Ciao Veronica,
mi chiamo Fabrizio e anche io “abbiamo” l’endometriosi. E’ da tempo che volevo scriverti e mi scuso fin d’ora se a tratti potrò sembrarti confuso o sconclusionato, ma vorrei scriverti tante cose, per cui le metto insieme un pò di getto. Potresti leggere rabbia o sconforto, ma non è questo che voglio far capire, quei sentimenti ormai appartengono al passato.
Mia moglie ha scoperto di avere l’endometriosi circa un anno e mezzo fa, dopo il solito calvario e rimbalzi tra uno specialista e l’altro, che dicevano che la nostra infertilità era solo frutto di troppa ansia.
Addirittura un ginecologo, dopo una visita durata in tutto 8 minuti (compreso l’entrata e l’uscita dall’aumbulatorio con le varie presentazioni e saluti finali) ci disse che quando “nostro signore” avrebbe voluto, questa gravidanza tanto attesa sarebbe arrivata. Ora, io ho smesso di credere in un Dio parecchi anni fa, ed evito di esprimermi su questa affermazione.
Ci siamo sposati giovani, a 22 anni, senza prima di tutto avere l’idea di fare figli subito e ce la siamo presi con la dovuta calma. Di anni ne sono passati ormai 9 (e gli ultimi 4 cercando un figlio) e oltre ad aver ammucchiato nel mentre 31 anni, abbiamo ammucchiato anche un bel pò di rabbia. Rabbia prima di tutto per aver scoperto che questa malattia è così assurda, vigliacca e così presente nella pancia di tante e allo stesso tempo così poco conosciuta, poco diagnosticata. Ma io mi chiedo come sia possibile che ginecologi e specialisti siano così poco informati su questa cosa.
Mia moglie ha sempre sofferto tantissimo di dolori mestruali e mai nessuno, in tanti anni di visite, si è fatto mai venire il dubbio. Fino al 2009, dopo l’ennesima volta in pronto soccorso, quando lei dai dolori non si reggeva in piedi. E continuavano a diagnosticare “dismenorrea”, un pò di antidolorifici e via a casa…. fino alla volta successiva.
Dai e dai alla fine ci siamo rivolti un pò più in là, da un signorone a Modena, che, previo il pagamento di euro sonanti, con l’ausilio di sofisticati strumenti (2 dita), conferma il sospetto. Successiva operazione, farcita anche da emorragia interna con conseguente perdita di svariati litri di sangue e successivi 2 giorni di rianimazione e terapia intensiva, tutto vissuto dal sottoscritto che, lì da solo, non poteva far altro che sperare. Poi col tempo si impara a conoscere la malattia che fino a pochi mesi prima non consocevi e che non avevi mai sentito nominare.
Ti rendi conto che sono in pochi a conoscere queste storie, e tanti che comunque non la vivono di persona. Perchè effettivamente siamo un pò tutti così… i problemi che non ci riguardano, ci toccano fino a mezzogiorno. Però in questo caso la cosa per me è troppo grossa… bisogna fare qualcosa per riconoscere diritti, cure e diagnosi giuste, quello che credo stia cercando di fare l’APE. Ma nella società in cui siamo, è più interessante pensare ai vip e alla loro “bella” vita, ai politici che speculano, al figlio di briatore, a Montano e alle sue allergie, piuttosto che a 14 milioni di donne europee che soffrono di questo problema e che vorrebbero essere ascoltate o almeno prese in considerazione. Ovviamente senza nulla togliere a tante altre malattie invalidanti, che in alcuni casi sono ancora meno considerate.
Io e mia moglie stiamo pian piano vivendo una delle tante storie (la tua compresa) che ho letto nei tuoi libri. Cambiano i soggetti, cambiano i luoghi, le persone le facce, ma alla fine la sostanza è la stessa; si parte in tanti casi dalla gioia di cercare un figlio, fatta di tante chiacchiere: come lo chiameremo, come sarà fatto, maschio, femmina, ecc… , poi passa il tempo, iniziano le preoccupazioni fino alla scoperta, che porta stupore, poi frustrazione, paura, rabbia, insomma non ti fa mancare niente! Il castello di carte inizia a perdere la punta e scende piano piano… e speri solo che almeno le fondamenta siano buone… sì perchè alla base di tutto l’amore per la persona che mi sta accanto è una delle cose che con il passare degli anni è cresciuta ancora di più. Ho imparato che non è facile vivere con una malattia cronica, perchè sai meglio di me cosa si prova a veder soffrire la persona che ami e non puoi far altro che starle accanto.
A breve intraprenderemo la strada della Fivet. Non so in che direzione ci porterà, ma ormai ci siamo. Col tempo siamo diventati dei disillusi, ma almeno il tentativo ce lo vogliamo concedere e se poi andrà bene, ben venga, altrimenti ci metteremo una mano sul cuore e una pietra sopra, perchè comunque non vogliamo accanirci troppo e non voglio che lei soffra di più di quello che già sta soffrendo. Per il resto è ancora tutto da scrivere.
Forse, anche grazie ai tuoi consigli, abbiamo trovato professionisti, ma sopratutto persone, che conoscono il problema e sanno come trattare una donna con questa malattia. Nessuno fa miracoli e tutti possiamo sbagliare, ma una cosa che manca o comunque scarseggia è ancora una volta il lato umano. I malati devono essere ascoltati e devono avere dall’altra parte persone che sappiano ascoltare ma anche parlare. Soprattutto parlare, non dare false speranze, ma parlare anche un pò dal cuore. E’ così sottile la linea tra questa malattia e la testa che basta un niente per far cadere nello sconforto chiunque.

Hai sentito tante storie e questa è una delle tante, ma è bello anche sapere che c’è chi come te si è fatto carico di ascoltare tutte queste voci.
Ora ti lascio, scusami la lungaggine e forse qualche errore di sintassi, ma sentivo la necessità di scriverti due righe e ti ringrazio per quello che cerchi di fare.
Complimenti anche per il coraggio di raccontare la tua storia.
Ti mando un saluto di cuore.
Fabrizio

Caro Fabrizio, GRAZIE.

Grazie perché è come se tu fossi un po’ il marito o il compagno di tutte noi, perché a volte i nostri, ci stanno accanto senza riuscire ad esprimere a parole come sia la “loro” endometriosi e cambiare angolazione e prospettiva è sempre un bene.
Vorrei dare risalto a questa tua testimonianza sul mio blog, e magari creare una sezione a parte dedicata all’endometriosi dei nostri compagni, poiché sono diverse le testimonianze che ho ricevuto di chi ci sta accanto, tutte molto toccanti e reali.

Parole come le tue dovrebbero essere lette dai dottori, dai giornalisti … da coloro che credono che sia la solita “lamentela da donne” … ma ho imparato in questi anni … che le donne che soffrono non si lamentano, sanno tacere, sanno sorridere e sopportare.
A loro auguro davvero che un giorno possano svegliarsi e leggere sul giornale tra le mille notizie di gossip, tra il pancione della Nannini e quello di Heahter Parisi, che è stata trovata una cura o meglio ancora, se mi è concesso esagerare, che si possa addirittura prevenire!

Ti abbraccio Fabrizio, grazie davvero di averci scritto.
Vero

Un bacione alla tua compagna e in bocca al lupo.

344) Storia di un papà

 

L’endometriosi è come un serpente, un piccolo serpente che tengo stretto alla base della testa.

Si divincola sempre di più.

Più lo stringo e più gli impedisco di mordere, ferire, uccidere.

Questo è il sogno di questa notte dopo aver finito di leggere il tuo libro “condividendo”.

Sono Paolo, il papà di Ilaria che fa parte delle tre milioni di donne affette da endometriosi.

Anche per lei è stato ed è un calvario.

Quando le hanno diagnosticato la malattia, e poi operata per la prima volta, era ormai tardi.

Era al IV stadio.

L’endometriosi aveva compromesso parte degli organi riproduttivi che altri organi.

Ci siamo affidati ad un centro di Avellino nel quale sapevamo che operava un medico specializzato in laparscopia e nella malattia.

E poi ancora dolori e a distanza di poco tempo un nuovo intervento sempre ad Avellino.

L’unico rimedio era quello di rimanere incinta. Ha fatto quattro tentativi di fecondazione in Spagna a causa della nostra “bellissima” Legge 40 ma senza esiti positivi.

Fino ad arrivare all’inizio dello scorso anno quando il ginecologo di fiducia vede che qualcosa non va e le comunica che deve fare un nuovo intervento e le consiglia di andare a Verona. Per l’esattezza in un centro specializzato: a N***.

Dopo tanti, lunghi e dolorosi esami ed indagini viene definito e deciso l’intervento per il mese di agosto.

Prima di partire Ilaria ci ha comunicato tutta la sua paura e, consapevole dei tanti rischi a cui andava incontro, ci ha parlato come chi vuole fare un “testamnto” verbale.

E’ stato un colpo.

Ci siamo trasferiti tutti a N****: Diego (il marito), il fratello Fede (Federico) mia moglie ed io.

L’intervento è stato più serio del previsto e molto complesso. Sono intervenuti il ginecologo, il chiururgo di medicina generale e l’urologo.

Hanno dovuto fare una doppia resezione intestinale con l’applicazione di una stomia.

Poi la terapia intensiva.

Superata quest’ultima e riportata in una stanza inizia il calvario della stomia.

Nel reparto il 90% delle donne ricoverate era affetta da endometriosi.

Deve imparare a medicarsi da sola per quando ritorneremo a casa.

Fede e la madre passano il tempo in ospedale l’uno con un naso di plastica rosso e l’altra applicando smile in ogni angolo.

Volevano aiutarla facendola sorridere e comunicarle tutto il loro amore.

Ilaria reagisce talmente bene che anche i medici rimangono stupiti.

Al termine di ogni visita, quando usciamo, ci dedichiamo anche a Diego. E’ silenzioso e sappiamo che soffre.

E nel frattempo Ila cosa fa?

L’indomani ci raccontano che ogni sera si riuniscono in gruppo e, ciascuna con i vari tubi e flebo, vanno a spasso per la corsia a trovare altre ricoverate che debbono affrontare ancora un intervento.

A volte fanno anche la “corsa” per i corridoi!!!

A volte fanno la sfilata di moda per premiare il pigiama più bello!!

Ila ha sempre il naso di plastica rosso, è il simbolo della continua presenza e vicinanza del fratello.

Un giorno Ila e Fede pretendono che mia moglie ed io dobbiamo ritornare un giorno sul Lago di Garda (a pochi kilometri di distanza). Dobbiamo tornare a Torbole dove abbiamo fatto il nostro viaggio di nozze.

Fede si prendere cura della sorella per l’intero giorno.

Sono due figli unici, splendidi, sono i nostri figli.

Si torna a casa ed è una estate terribile fino alla rimozione della stomia.

Poi successive visite di controllo ma la diagnosi è: perdita del 90% della funzionalità della vescica e della defecazione.

Altri controlli: le consigliano di applicare un neuro modulatore sacrale.

Ormai è subentrato anche un crollo psicologico. Ila non ce la fa più a rientrare in ospedale.

Decide, d’accordo con l’urologo, di tentare una ginnastica rieducativi pelvica.

Le viene consigliato un ospedale di Roma specializzato in questi trattamenti.

Alla prima visita le viene detto che il suo caso è disperato ma vogliono tentare lo stesso.

Anche questo non dà nessun risultato, anzi peggiora la situazione.

Troviamo poi uno specialista proctologo, che dopo ennesime indagini ed esami, le suggerisce una terapia riabilitativa pelvica insieme ad una fisioterapista ed una psicologa.

Inizia una nuova avventura e al momento sembra dare qualche risultato positivo.

Siamo molto fiduciosi, altrimenti cosa potremmo fare?

E’ una storia come tante altre ma anche questa piena di sofferenza, di dolori di ingiustizie: e tanta, tantissima rabbia.

Solo il carattere, la determinazione e la volontà di Ilaria hanno permesso a noi familiari di poterla aiutare un pochino.

In modo particolare a mia moglie, SUA MADRE che ha assorbito tutta la sua rabbia nelle chiacchierate o nelle interminabili telefonate. Di fronte alla figlia ha dimostrato e dato sempre coraggio, aiuto, comprensione e positività.

Ma poi anche lei ha i suoi “crolli” a cui solo io potevo assistere.

Ilaria ci ha voluto relegare questo tuo libro con questa dedica:

“A voi che siete la mia

forza e il mio coraggio,

A voi che siete la mia leggerezza,

A voi…..che vi

amo così tanto,

A voi…..perchè condividere è la cosa più bella che ci possa essere.

Con Amore ILA ”

In famiglia abbiamo già tutti letto il Canto XXXV – L’ inferno.

Mia moglie in questo momento non ha la forza di leggere questo tuo ultimo libro: ha paura di “crollare” e quindi di non essere più di aiuto a sua figlia.

Io ho cercato di rimanere sempre “lucido” come dice Stefano per la sua “endometriosi”. Lo capisco e lo condivido: ma è proprio dura!

Attraverso la testimonianza di Stefano mi rendo sempre più conto della sofferenza del marito.

Diego è diventato il nostro terzo figlio adottivo.

Pochi giorni fa ho accompagnato Ilaria e suo marito Diego alla stazione per un piccolo viaggio e prima di partire l’ho abbracciata e le ho detto “ho quasi finito di leggere il libro che ci hai regalato: è’ bellissimo!”

Ilaria mi ha detto “no papà non è bello è UTILE”

E’ vero, è proprio di tanto aiuto per superare questi e tanti momenti difficili nel percorso di un vita con l’endometriosi.
Paolo 

Mi permetto di darti del tu, e mi permetto di manifestarti tutta la mia stima. 

Mentre ti leggevo ho pensato al padre di Serena con la sua poesia per tutte noi … e ho pensato a mio padre che non ce l’ha fatta a ultimare Canto XXXV e ha appena sfogliato Condividendo. 

La dedica di tua figlia è bellissima e mi ha commosso tanto. 

Purtroppo è sempre dentro la sofferenza che ci accorgiamo di quanto importanti siano gli affetti. Ma pensando a tua figlia … sapendo che è circondata da una così bella famiglia, sono certa che trae la sua forza da tutti voi, che vi siete uniti intorno a lei con nasi rossi e condivisione. 

Convinci tua moglie a leggere CondividEndo … personalmente lo ritengo un libro un po’ più soft del primo… sono meno arrabbiata … e traspare, spero, la mia accettazione e voglia di vivere il più serenamente possibile. 

E’ un cerchio che si chiude per me, per la mia personale esperienza, ma sono certa, è un percorso che faremo, chi prima, chi dopo, tutte noi. 

Dobbiamo solo cercare di non avere paura e di fare un passo dietro l’altro. 

Per arrivare a questo però dobbiamo pretendere di conoscere, dobbiamo informarci, confrontarci. 

Grazie Paolo per averci scritto … per averci fatto sentire il calore di un padre, perché in questo momento, in questa “avventura” è un po’ come se tu fossi un po’ papà di tutte noi. 

Un abbraccio speciale per tua figlia, non so se ci siamo mai scritte ma mi farebbe sicuramente piacere conoscerla.
Vero

299) Storia di Raffaele

 

Cara Veronica,

voglio raccontarle la storia di mia sorella.

Malata di endometriosi,con un marito poco fertile, si reco’ da un grande scienzato italiano,A.,che subito la indirizzo’ verso la cura ormonale mediante siringhe per poi effettuare la fecondazione assistita.Mia sorella pero’ aveva strani sintomi,il ciclo non veniva,fece il test di gravidanza e risulto’ incinta.

L’assistente di A., le disse che il test spesso era sbagliato,quindi continuo’a farsi gli ormoni.Poi fece il test di gravidanza del sangue,e risulto’ essere incinta….

A quel punto arrivo’ la paura per eventuali danni al feto e la rabbia per aver fatto una cura pesante senza che ce ne fosse bisogno.Per fortuna il bambino non ha avuto conseguenze.Adesso e’vicina ad iniziare una causa civile. Quanti medici sono avidi come A.?Spero che altre donne non cadano in questa situazione e per avvertirle penso che sia utile inserire questa lettera nel suo blog.

Raffaele.

Ciao Raffaele, dammi del tu ti prego.
Figurati che stai scrivendo ad una che fatica molto a prendere qualsiasi tipo di farmaco. Quando ci si affida a dottori così tanto qualificati e illustri, mi chiedo quanto venga tutelata la salute della donna in cambio del risultato quasi garantito.

Sono due anni ormai che leggo storie delle ragazze … di tutti i tipi e mi sono fatta una mia idea su coloro che operano e seguono la paziente SOLO a pagamento. Credo che questi dottoroni siano bravi a tendere la mano non alla donna ma al loro portafogli, e non potrei mai fidarmi della diagnosi si un dottore che ha tutto l’interesse a portarmi in sala operatoria.

Grazie per la tua testimonianza, in bocca al lupo.
Vero

136) Vincenzo scrive …

Salve, vorrei portate la mia esperienza di marito e padre (e maggiordomo di una gatta di 9 Kg, ma lei è sterilizzata)  

Mia moglie fin da giovane ha sempre sofferto di dolori mestruali, che si sono attenuati con la pillola.  Due anni fa ha fatto una laporoscopia per una sospetta endometriosi.  

Ma  i dolori durante il ciclo arrivano lo stesso di meno intesità, perchè prende anche dei farmaci a base di brufene  

C’è anche mia figlia di 15 anni che soffre di dolori mestruali, sono molto forti, tant’è che nessun antidolorifico gli da sollievo. Ha fatto tutte le analisi possibili. In ogni caso ha sempre dolori addominali, mal di testa, nausea.  

Ora  è in cura presso il centro dismenorrea dell’Ospedale S. Anna di Torino. È due mesi che prende la pillola, il primo è  stato uguale agli altri mesi,a giorni gli dovranno arrivare le mestruazioni e speriamo bene.  

A scuola le professoresse, (quindi donne) non vogliono capire il problema di mia figlia, certo mia figlia a causa dei dolori ha avuto un calo di rendimento, ed è stata a casa diverse volte.  

Qualche professoressa gli ha detto di ritirarsi perchè non è da liceo, quella di ginnastica ha preteso un certificato medico-legale per l’esonero. Cosa che abbiamo fatto attraverso il nostro medico curante, ma ciò non bastava. Ho fatto presente la situazione alla preside, ma non è successo nulla Ma intanto mia figlia è stata emarginata dalla classe al punto che in sms  inviato ad un suo amico voleva farla finita.  

A quel punto siamo intervenuti, con l’aiuto del medico, ventilando una denuncia ai vari organi competenti. E le cose sembrano un po’ cambiare.  

Mia figlia, adesso è in cura da un psicologo e speriamo che la pillola faccia i suoi effetti.  

Distinti saluti e auguri per il suo libro
Vincenzo 

Questo a dimostrazione che trovare comprensione tra le persone che ci stanno vicino è sempre molto difficile. E a volte sono proprio le donne, che dovrebbero essere nostre alleate e comprenderci, a fare muro e a non fornirci un sostegno.
Spero che tua figlia non abbia l’endometriosi, non conosco il centro che hai citato ma spero che siano in grado di rilevarla qualora ci fosse.
Un saluto a tua moglie e grazie per averci scritto.
Vero

1) Storia di Mauro

Anche se sono un uomo posso capire che cosa voglia dire per una donna soffrire di endometriosi perchè questa malattia ha segnato molto la mia vita!
Se ora sono separato posso dire che gran parte della colpa della fine del mio matrimonio sia dovuta alle conseguenze di questa subdola patologia.
Quando ho conosciuto quella che poi sarebbe diventata mia moglie lei aveva appena scoperto di avere questa patologia e da li è iniziato il suo calvario fatto di 4 interventi in laparoscopia, innumerevoli agoaspirazioni e di un intervento in cui ha subito l’asportazione di una parte di ovaio. Tutto questo non ha mai portato benefici e noi, una volta sposati, abbiamo cercato di avere dei figli… i ginecologi sostenevano che con la gravidanza l’endometriosi sarebbe guarita.
E qui iniziò la fine del nostro matrimonio, tutti e due desideravamo avere dei figli e quindi cercammo per un paio di anni di concepirli in modo naturale, ma purtroppo chi soffre di endometriosi ha grossissimi problemi a rimanere incinta. Iniziammo quindi a controllare ovulazione e periodo fertile con l’aiuto del ginecologo e quindi ad avere rapporti quando l’ovulazione avveniva e quindi a farlo su comando… tutto ciò iniziò a rovinare la nostra intimità, immaginate quanto può essere romantico sentirsi dire “andate a casa e fatelo!!!”.
Ci siamo poi affidati alla fecondazione assistita per poter avere un figlio e purtroppo dopo giornate passate in ospedale fra esami e sedute dallo psicologo il nostro sogno sogno e crollato con una buona parte della nostra vita!
Non scarico tutte le colpe sull’endometriosi per la fine del mio matrimonio, ma sicuramente a dato una grandissima mano… mia moglie mi ha detto che non si sentiva donna in quanto non era in grado di avere figli e io le ho provate tutte per cercare di convincerla che a me non importava, quello che volevo era stare insieme e che se volevamo dei figli si potevano sempre adottare, ma non c’è stato nulla da fare ormai si era rovinato tutto fra noi.
Ragazze permettete ai vostri uomini di starvi accanto perchè anche loro soffrono e voi uomini abbiate pazienza e non lasciate mai sole la vostre donne, il cammino e lungo e per ora di difficile soluzione ma la scienza sta facendo passi da gigante e quindi ci deve essere sempre una speranza!”
Mauro

Vado particolarmente “fiera” di questa testimonianza perchè per la prima volta si parla dell’endometriosi come malattia di coppia, vista dalla parte dell’uomo.
Grazie di cuore a Mauro per averci raccontato questa sua testimonianza che ci farà di sicuro riflettere.
Vero